Marco LombardoAlmeno Maria Sharapova non ha addotto le scuse più frequenti sentite qua e là. Tipo la pomata accidentalmente spalmata da un partner focoso, la tazzina di caffè contaminata, le caramelle della mamma. Anche perché lei quelle le produce in proprio e adesso dovrà pure cercare di continuare a venderle. L'annuncio choc della sua positività al test antidoping durante gli Australian Open, con relativa assunzione totale di colpa per disattenzione, sembra però sempre di più un tentativo di cavarsela con poco. Perché i dubbi restano. Anzi, di più: aumentano.Il giorno dopo il caso Sharapova è insomma diventato una gara a scaricabarile, con sullo sfondo una lotta politica stile Guerra Fredda. Nel mirino ovviamente l'uso indiscriminato del Meldonium, alias Mildronate, il farmaco anti ischemia e anti infarto (e, dice la Wada, coprente dell'epo e «energizzante») diventato illegale dal 1° gennaio a loro insaputa. Degli atleti soprattutto russi, s'intende. «Ci aspettano degli sconvolgimenti: casi del genere ce ne saranno ancora, per il piacere dei nostri amici», ha detto sarcastico il ministro dello Sport di Mosca Vitaly Mutko, intendendo per «amici» gli americani che guidano una crociata per lo sport pulito che ai vecchi nemici sembra più una vendetta. E in effetti da inizio anno gli atleti caduti nella rete della Wada e del Meldonium sono quasi tutti ex sovietici (ieri è stato il turno del pallavolista Alexander Markin e dei pattinatori Semion Elistratov e Pavel Kulizhnikov), ma ci si domanda perché tocchi solo a loro. E perché la Sharapova usasse quella medicina già da 10 anni, visto che l'azienda lettone che la produce si è tirata elegantemente fuori affermando che «la normale cura dura dalle 4 alle 6 settimane». In pratica: è il tutti contro tutti, cercando di negare responsabilità a vario livello. Di sicuro resta che l'avviso dell'agenzia antidoping russa fatto il 30 settembre ai medici dello sport del Paese è rimasto inascoltato. E sembra impossibile che Masha - ormai un'azienda più che una tennista - possa essere stata solamente sbadata: il suo medico davvero non sapeva? E soprattutto: lei neppure? Il futuro della Sharapova si gioca dunque su questo: una buona fede che sembra più improbabile.
Già due sponsor - Nike e Tag Heuer - l'hanno mollata e quasi tutte le colleghe- a parte Serena Williams che l'ha definita «coraggiosa» - non l'hanno neppure degnata di un tweet. Certo: lei non è mai stata molto simpatica alle altre. Ma forse, arrivato l'antidoping a un livello così alto del tennis, c'è da chiedersi se sia solo questione di mancata solidarietà. O di paura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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