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Inter, amarcord Mou ma sull'altra barricata

Frecciate e slogan: quando era a Milano la Roma era uno dei suoi bersagli

Inter, amarcord Mou ma sull'altra barricata

No, non sarà solo come incontrare la ragazza del liceo per cui ci si è presi la prima vera cotta. Per chi è sposato con la Beneamata, oggi la fedeltà è tutta per Simone Inzaghi. Ma la fiamma che ha incendiato la passione per José Mourinho zampilla ancora, nonostante quel mancato ritorno da Madrid. Sabato il tifoso interista non noterà nemmeno rughe e capelli bianchi, 10 anni dopo. E nemmeno il fatto che al dito, il vate di Setubal, porta la fede che lo lega alla rivale nerazzurra per eccellenza, negli anni del dopo Calciopoli. La stessa squadra per cui il portoghese scrisse di proprio pugno bigliettini da infilare nei cioccolatini solo perché fossero più dolci.

Tutto inizia il 3 marzo 2009, giorno del 3-3 tra la sua Inter e la Roma che oggi allena: ai nerazzurri viene concesso un rigore dubbio, lui sbotta e replica: «A me non piace la prostituzione intellectuale», con una tì in meno che sottolinea ancor di più il disappunto, citando John Swinton, giornalista del New York Times che nel commiato al giornale se la prese con la categoria. Mou, con trovate che parlano alla pancia ma sollecitano lo stupore dei colti, fa dire agli analisti dal palato fino che la sua è una rivoluzione culturale e fa scomodare Focoult e Heidegger. Del resto, «anche Gesù non piaceva a tutti», sentenzierà pochi giorni dopo, alzando ulteriormente l'asticella dei paragoni. Ma nel dopo Inter-Roma, lui che «se avessi voluto un lavoro facile sarei rimasto al Porto, Dio e dopo di lui io», snocciola un altro granello del suo rosario: «Negli ultimi due giorni non si è parlato della Roma che finirà la stagione con zeru tituli». E questa sarà una pietra d'angolo del Mourinho pensiero, capace di far proseliti proprio con le sparate sulla Lupa capitolina. Passa qualche mese e nel mirino ci finisce Rosella Sensi, presidente della Roma. José, di fronte a presunti favori sul campo, si difende attaccando: «Per me vergogna è rubare e chi ha avuto la fortuna di nascere in un culla d'oro deve rispettare me».

Nel frattempo, sotto al Cupolone è arrivato Claudio Ranieri, che ai tempi della Juve non aveva ricevuto trattamento più morbido («Ha quasi 70 anni», ma in realtà sono 57 e «Io ho studiato 5 ore al giorno l'italiano per diversi mesi, lui dopo 5 anni in Inghilterra ha avuto difficoltà a dire good afternoon»): riferendosi alle preparazioni pre partita della Roma, dice che «se prima di una gara metto la squadra a guardare Il Gladiatore i miei giocatori chiamano il dottore per chiedergli se sono malato«. E poi «io non conosco la noia di Ranieri, conosco La nausea di Sartre». Chissà ora cosa proverà lui, Mourinho, nel ritrovare la sua vecchia Inter: forse ricorderà che «certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano».

Senza però sapere che quelle parole sono di Venditti, essenza stessa del romanismo.

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