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Kean si è preso l'Italia: l'ennesima intuizione "verde" del Mancio

Moise Kean, il millennial vercellese figlio di una coppia di ivoriani, è stato il grande protagonista del 2-0 che l'Italia ha rifilato alla Finlandia. Ma il 19enne della Juventus è solo l'ultimo esponente della linea verde varata dal c.t. Mancini

Kean si è preso l'Italia: l'ennesima intuizione "verde" del Mancio

"Yes, we Kean". Titolo scontato, quello usato oggi dai giornali per celebrare il debutto in Nazionale del classe 2000 della Juventus. Ad appena 19 anni, compiuti da neppure un mese, il giovanissimo talento di origini ivoriane ha mostrato con la Finlandia un bagaglio tecnico ampio e variegato. Non solo il gol, segnato con freddezza a tu per il tu con il portiere, ma un repertorio di colpi assortiti che fanno ben sperare per il futuro dell'Italia, alle prese da tempo col problema del gol che non arriva.

Ieri, a Udine, ne sono arrivati due. Da quando il Mancio è seduto sulla panchina azzurra, è la seconda volta che l'Italia segna più di una rete. Era successo anche nell'amichevole contro l'Arabia Saudita, quando era andato a segno quel Mario Balotelli di cui Kean, per varie ragioni, si candida a diventare il successore. Insieme a Verratti, il vice Cr7 è stato il migliore in campo. Devastante nelle accelerazioni palla al piede, bravo a coprire palla e a lavorare di sponda per i compagni, intelligente nel cercare sempre la giocata giusta con l'unico difetto, talvolta, di intestardirsi un po' troppo palla al piede provando a fare tutto da solo. Lo stesso limite del suo omologo Balo, con la differenza che lui sta crescendo alla Juve, società che non perdona colpi di testa e mette sullo stesso piano il lavoro sui piedi, sul fisico e sulla testa dei calciatori. Kean, che di ruolo è una prima punta, se l'è cavata anche come esterno d'attacco nel 4-3-3 del c.t., sacrificandosi a supporto di Immobile, criticato più volte da Mancini prima dell'abbraccio chiarificatore al momento della sostituzione.

Kean è giovane e già pronto per il palcoscenico azzurro. E non è il solo. Merito del lavoro di ricostruzione avviato fin dall'inizio dal c.t. azzurro, bravo a svecchiare una nazionale che aveva necessariamente bisogno di mettere da parte gli ultimi esponenti della generazione che aveva trionfato ai Mondiali del 2006 per poi rovinare tutto con un decennio di risultati non all'altezza. Uno dopo l'altro, Mancini ha aggiunto tassello su tassello al mosaico dove la qualità tecnica fa rima con fame e giovinezza: Donnarumma, Spinazzola, Barella, Zaniolo, Chiesa, Bernardeschi e Kean sono o stanno per diventare il presente e il futuro della Nazionale, in cui la gioventù cresce sotto l'ala protettiva dei "finti" giovani Verratti e Bonucci e dei vecchietti terribili Chiellini e Quagliarella.

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