La Lazio si butta via: addio Europa

Va in vantaggio con Immobile, poi il black-out e incassa quattro gol in 20 minuti

La Lazio si butta via: addio Europa

Avrebbe voluto imitare la Roma a tre giorni da un derby che si giocherà ad armi pari (stessi punti e stesse ambizioni di un posto Champions). Ma la Lazio si scioglie come neve al sole dopo un'ora di assoluto controllo e un gol di Immobile che sembrava il grimaldello per aprire la porta delle semifinali. E così, a un passo dalla storia, la doppietta delle romane che avrebbe eguagliato la più blasonata - per bilanci e trofei - Madrid sfuma. Come sfuma il ritorno in una semifinale europea dei biancocelesti dopo 15 anni (quando l'Europa League si chiamava ancora Coppa Uefa, Simone Inzaghi era sempre in campo e l'avversario dell'epoca era il Porto di un giovane Josè Mourinho), un traguardo che sarebbe stato anche meritato.

Difficile accettare il verdetto di una gara nella quale la luce della squadra biancoceleste si spegne all'improvviso dopo aver segnato la rete della sicurezza. La giovane truppa dell'altrettanto giovane «scienziato» Rose si rianima quando è sull'orlo del baratro e in questo la Lazio ha grosse colpe. Pagati a caro prezzo i due gol subiti all'andata sulle uniche due vere occasioni lasciate agli avversari, al netto di un arbitraggio che non era stato all'altezza. Ancora più grave il black-out di quindici minuti alla Red Bull Arena che nasce dall'immediato pareggio di Dabbur (ottanta secondi dopo la rete di Immobile). Così come gravi sono stati gli errori sotto porta del centravanti campano e di Luis Alberto.

La notte di Salisburgo fila liscia per un tempo, il primo, nel quale la truppa di Simone Inzaghi esegue alla perfezione lo spartito imposto dal tecnico: completo controllo del campo, un solo vero rischio con il sudcoreano Hwang sventato dall'attento Strakosha e nessuno scossone se non il colpo ravvicinato ma impreciso di Ciro Immobile. Che dopo aver fatto il bis a inizio ripresa, mette la sua firma. Il 39° centro stagionale in 42 partite, l'ottavo in questa Europa League che lo issa in vetta alla classifica cannonieri del torneo ma anche il 109° nell'annata della Lazio (eguagliato il gruppo di Eriksson del 2000), dovrebbe avere l'effetto di blindare la qualificazione ma paradossalmente rimette in gioco un Salisburgo fino a quel punto deludente.

La squadra di Rose costruisce il ribaltone con i gol in sequenza di Dabbur, Haidara, Hwang e Lainer (gli ultimi tre in soli 4 mninuti!) e negli unici spazi concessi dalla Lazio, che nell'azione precedente al 2-1 degli austriaci aveva fallito un clamoroso match point con Luis Alberto. Squadra organizzata, pur senza grandi talenti, quella austriaca che non delude il pubblico da tutto esaurito, cosa più unica che rara da quelle parti. E alla fine il palleggio che per un'ora sembrava inoffensivo, ha finito per sfiancare la Lazio. Che ha mollato psicologicamente, gettando alle ortiche il lavoro di un anno e forse più quando il traguardo grosso era davvero alla portata.

«Due tiri deviati, loro hanno preso fiducia, noi abbiamo perso le distanze, siamo stati dei polli a prendere il pari poco dopo aver segnato l'1-0.

Abbiamo peccato di sufficienza, forse non siamo ancora all'altezza e non abbiamo forse la giusta maturità di conquistare un importante traguardo europeo, complimenti comunque al Salisburgo», così alla fine Marco Parolo. Non un bel viatico per i laziali a due giorni da un derby decisivo nella volata per un posto nella Champions che verrà.

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