"L'esilio, il mostro Fifa e quel sogno mancato di cambiare il calcio"

Platini: «Nel pallone cerco ancora felicità». E svela i retroscena del complotto dietro la sua squalifica

"L'esilio, il mostro Fifa e quel sogno mancato di cambiare il calcio"

«Penso che Sepp Blatter abbia, nei miei confronti, un duplice complesso: quello di superiorità, poiché mi ritiene un imbecille, e quello di inferiorità, per via della mia carriera di calciatore e della mia popolarità». Michel Platini torna a centrocampo, torna a palleggiare con un libro-verità sulla vicenda che l'ha spazzato via dai vertici del calcio, che ha chiuso in modo traumatico la sua esperienza di dirigente, ma che adesso gli consente di dire che «la vita non è finita. Perché non voglio che la mia voce su Wikipedia termini in questo modo». Le Roi insomma non vuole più sentirsi in esilio e prima di rituffarsi in un mondo «che può ancora offrirmi altri momenti di pura felicità», ha preferito raccontare la vicenda che l'ha gettato in un cono d'ombra tra l'ottobre del 2015, quando il comitato etico della Fifa lo sospende in seguito a un'indagine della magistratura svizzera su presunti compensi illeciti, e il maggio del 2018 quando la stessa giustizia elvetica lo scagiona completamente da ogni accusa mentre, stranamente, la Fifa non revoca la sua squalifica. Due anni e mezzo durante i quali Platini passa dalla possibile elezione a presidente della Fifa a una vita ai margini del calcio, due anni e mezzo «in cui però ho riscoperto i piaceri di stare con la famiglia, di veder crescere i nipotini, di viaggiare».

E adesso, in attesa di capire da quale porta rientrare in gioco, Platini racconta tutti i retroscena di una vicenda che ha fatto soffrire terribilmente lui e i suoi, che gli ha fatto scoprire la differenza tra i veri amici e i cortigiani, ma soprattutto che gli ha fatto aprire gli occhi sul «mostro» Fifa, un ente che ha sempre guardato con diffidenza, ma che poi si è rivelato come il sole per chi tenta di avvicinarsi. E Michel non è stato l'unico Icaro a lasciarci le penne, visto che prima di lui la famigerata commissione etica, quasi come la polizia segreta di una dittatura, aveva fatto fuori tutti gli altri possibili rivali di Blatter, da Bin Hamman al cileno Mayne-Nicholls, reo di aver chiesto un posto da «volontario» nell'organizzazione mondiale per il proprio figlio...

E dietro tutte queste macchinazioni sempre lui, l'ex colonnello svizzero che ha retto le sorti del pallone mondiale per quasi vent'anni, incapace però di distaccarsene, tanto da trasformare Michel da delfino designato ad avversario da eliminare. «Ma nonostante tutto - ammette Platini - non posso dire che Blatter non sia stato un grande dirigente. Ha solo sbagliato a non voler uscire di scena al momento giusto». Parole che le Roi non usa invece per chi è stato suo braccio destro per anni e poi ne ha preso il posto nella corsa alla presidenza Fifa, ovvero Gianni Infantino, altro svizzero, altra storia che l'ha deluso profondamente. «Ha condotto tutta la sua campagna martellando «votare per me è votare Platini - racconta Michel nel libro - ed ha sempre sostenuto che mi avrebbe lasciato il posto se fossi stato dichiarato innocente. Deve aver trovato la poltrona di presidente piuttosto comoda».

Ma Platini non vuole arrendersi. Anche se quasi sconsiglierebbe ai grandi giocatori di oggi di imitare la sua carriera: «Perché i padroni del calcio non vogliono i calciatori nelle loro stanze. Vi siete mai chiesti, ad esempio, perché nessun calciatore, una volta smesso di giocare, si metta a fare l'arbitro? Perché ogni categoria difende i propri confini e non vuole intrusioni».

Eppure il calcio di oggi gli piace: «Per dieci anni è stato dominato da due grandissimi come Messi e CR7, che non sono ancora finiti. Il presente è di Neymar, il futuro di Mbappè. Il calcio di oggi è più bello del mio, perché i dieci migliori club hanno tutti i calciatori più bravi del mondo e quindi le partite sono bellissime». Ma lo dice con un filo di ironia, perché la sua Uefa inseguiva un calcio diverso: «Ho chiesto il fairplay finanziario per aiutare i club ad evitare i debiti.

Ho pensato che le coppe dovessero far sognare tutti: ho portato in Champions un club della Slovenia, ho portato una finale europea a Baku, ho inventato la Nations league per dare gloria anche ai paesi di seconda o terza fascia...». Mentre adesso anche l'Uefa sembra andare in direzione opposta. Vuoi vedere che Platini presidente non dava fastidio soltanto a Blatter?

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