Ha vinto Guardiola. Ha perso Mourinho. Insomma Manchester United 1, Manchester City 2. Non bastano i numeri, non basta il risultato, dice poco, dice in parte quello che è accaduto in un'ora e mezzo abbondante di gioco e che gioco. Ha vinto l'idea del Pep, ha vinto la superiorità atletica, di fame e di corsa del City contro un avversario spento e privo di quell'energia che, di solito, Mourinho sa trasferire alla propria ditta. Ninte.
Visto un gran gol, astuto e rapinoso di Ibrahimovic, non segnalato mai Pogba, un'ipotesi multimilionaria, a volte cocoricò, cercando numeri di acrobazia tecnica tra scarpe tignose, ha perso Mou con una difesa ridicola e Blind che si è fatto pirlare da De Bruyne, forse il migliore della giornata. Ho quasi l'impressione che il conto in banca dello special one si sia esaurito, il Manchester sarà stato sveglio per dieci minhti su novanta, non ha mai reagito con la testa e, dunque, con il gioco, ha cercato i centimetri di Ibrahimovic ma si è dovuto arrendere al dominio tattico di Silva, lo spagnolo fatto capitano da Sgt Pep.
Silva, dunque, mentre di fronte il duo di parruccati, Pogba e Fellaini, posavano per le fotografie di copertina ma non per l'anima della sfida, totalmente divorati dal ritmo dei blues, ignorati anche dai propri sodali. Soltanto Wayne Rooney ha voluto fare il leone, ruggendo dovunque e comunque, aggredendo su ogni pallone e finendo sfinito, con i calzettoni molli sui polpacci tozzi, segnale di una fatica in border line. Fumata grigia per Mou, apparso anche appesantito nel fisico mentre, cinque metri più in là, Guardiola schizzava stretto in una extrasmall e litigava con Rooney, come due bambini che si contendevano il possesso della palla. Il raddoppio di Ihenacho, a diciotto anni il più giovane marcatore della storia del City, è stato un colpo di fortuna, il gol di Ibra un regalo del portiere, Bravo soltanto di cognome.
Partita vera, senza isterie e accuse all'arbitro, prato verdissimo, nessun mortaretto, nessuna bomba carta, altro calcio, altro paese, forse c'è un vizio di origine, una presunzione di innocenza e di bellezza ma queste partite, comparate alle nostre, sembrano davvero appartenere a un altro sport. Dopo quattro turni Guardiola è in testa, dopo quattro partite il City trasforma il suo teatro dei sogni, l'Old Trafford, nel teatro degli incubi.
Sarà dura digerire la sconfitta, conoscendo Mourinho darà lezione diurne e notturne ai suoi dipendenti. Non bastano i fantamilioni per produrre un fantacalcio. Serve altro, Mou lo sa, forse non lo hanno capito né Pogba, né Marcial, né Fellaini, tutti giovani e bravi ma con il sederino nel foie gras. Onore a Pep Guardiola che in breve tempo ha dato un cuore e un gioco forte al Manchester City, diverso da sempre e uguale ad altre scolaresche allenate dallo stesso tecnico catalano.
Il quale si illumina di immenso ma dovrà fare i conti con Conte. Non è soltanto un gioco di parole. E' quello che può accadere già oggi a Swansea, in Galles, dove il Chelsea affronterà Guidolin e Llorente. Tutta roba nostra o quasi.
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