nostro inviato a Barcellona
Voleva il red carpet e l'ha trovato. Tutto il Palau Saint Jordi ad applaudire questa ragazza dal sorriso smilzo e il fisico che mostra estetica e fisicità sottile. Federica Pellegrini voleva tener segreto l'evento, cercava quel coup de théâtre che sta nelle sue vene, ma c'è riuscita solo fino a lunedì sera. «Mi sarebbe piaciuta l'entrata spettacolare», ha raccontato dopo aver twittato di non aver gradito, invece, la pubblicità data dalla Federazione alla decisione di gareggiare. Suvvia ma questa è nazionale, questi sono mondiali, la Fede del mistero e i misteri di Fede si sono dissolti davanti all'acqua: è ancora lei, anzi forse meglio. Ancora una finale, ancora la sua finale, quella dei 200 stile libero dove continua ad essere regina (mondiale) regnante, almeno fino alle sei della tarde, ora della siesta in terra latina, ora del risveglio nel caso in cui la finale di Londra venga ammortizzata.
Oggi ci riprova. Ieri Federica si è tolta sfizi e sfrizzi: ha messo dietro la meravigliosa bambinona prodigio Missy Franklin, passandola proprio nei metri finali, dietro anche la Muffat, la francese che proprio non sopporta. Forse con ragione. Dietro il mondo e davanti lei, con un tempo (1'5578, il migliore delle semifinali) che a Londra le sarebbe valso il bronzo. Ci siamo: comunque vada, la formula segreta sta nell'allenamento migliore, e forse nel tecnico migliore, nell'umore, negli uomini a cui si affida. Ieri mattina, dopo le batterie, Fede è andata ad abbracciare Filippo Magnini a bordo piscina. Senza baci, d'accordo. Però ha raccontato: «Mi fido solo di Filippo, Philippe (Lucas, ndr) e Matteo (il preparatore atletico Giunta, ndr)». Chi vuol intendere .
Batterie e semifinale sono state un crescendo di sensazioni e piaceri (suoi) intimi. Mozartiana? Può essere, esaltante soprattutto nella semifinale: tre vasche a controllare le altre (Muffat, Franklin e Sjostrom) e gli ultimi 50 metri come un siluro. «Philippe mi aveva detto: stai tranquilla e nell'ultima se ne hai, vai. Sono andata». Ora le manca l'abito d'oro, le scarpe sono dorate, l'umore nel segno della leggerezza, la nuotata nel sogno della campionessa. Pensala così questa gara: «Hakuna matata» cioè senza pensieri, le ha consigliato un'amica su twitter. E lei ci sta. Hakuna matata che, tradotto in maccheronico, potrebbe dirsi: questa è una mattata. «Ragazzi ci ho provato per gioco e ora il gioco continua». Tutto studiato e provato nel segno della scaramanzia, la voglia di sentirsi grande e la paura di tornare indietro. «Non conta niente essere arrivata prima in semifinale». Si porta dubbi: ce la farò a tenere per tutte le gare? Lucas le ha risposto ridendosela: «Figurati, cosa vuoi che siano 5 gare da 200 metri per una preparata come te?».
Federica è venuta qui cercando una finale nei 200 dorso. «E avendoci lavorato tutto l'anno mi seccherebbe sbagliare. I 200 sl sono un gioco, stavolta». Ma un gioco tira l'altro: ghiottonerie. Eppure il fisico è più esile. Raccontano i dati che le masse corporee, grasse e magre, non sono variate, c'è meno muscolatura per il lavoro diverso di questo inverno e Fede ha perso il chiletto che la rende magra, quasi da passerella e da red carpet appunto. Però i dubbi
«In finale si andrà più veloci, qui siamo sui tempi di Shanghai, non so fin dove posso spingermi». Glielo diranno Lucas e gli altri due.
Guardati da Missy e non ti impicciar del resto, direbbe il ritornello. Ieri tutto è servito, anche ascoltare musica dei Metallica che diceva «Fregatene di ciò che fanno, fregatene di ciò che sanno», disegnarsi quel lutto al braccio in ricordo dei morti di Avellino. Fede lo ha mostrato al pubblico perché tutti capissero. Stasera avrà qualche angelo dalla sua parte.
E tutta l'Italia del nuoto a tifare per una medaglia. Ieri è risuonato il tonfo, si è sentito il freddo dello sprofondo quando Fabio Scozzoli è finito nel buco nero dei 50 rana: più fermo che sui 100, diciottesimo tempo e a casa. Segnale di una preparazione sbagliata. «Ora dovrò rivedere tutto», ha raccontato. Al suo posto ci sarà Mattia Pesce (7° tempo): ha lottato sui limiti. A modo suo ha vinto.
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