"L'Open d'Italia trascinerà il nostro golf alla Ryder Cup"

Dopo volley e calcio, il direttore generale del progetto vuole valorizzare un altro sport: «Prestigio per l'Italia»

"L'Open d'Italia trascinerà il nostro golf alla Ryder Cup"

Abituato a vincere. E a far vincere. A schiacciare sotto rete, come ad accompagnare in rete squadre di blasone. Ma ora per Gian Paolo Montali, 58 anni, uomo di sport e dello sport, si avvicina la sfida più intrigante: andare in buca con la Ryder Cup, del 2022, assegnata a Roma e all'Italia, a dispetto dello scetticismo internazionale. Chiamato due anni fa dai vertici della Federgolf a ricoprire l'incarico di direttore generale del progetto, che porterà per la prima volta nel nostro Paese la storica sfida a squadra tra Europa e Stati Uniti, è arrivato in sordina ma promette fuochi d'artificio

Intanto, Montali, siamo alla vigilia dell'Open d'Italia numero 75...

«In effetti dopo i successi al Parco di Monza, con la vittoria nel 2016 di Francesco Molinari e l'affluenza straordinaria di 70 mila spettatori, attratti, oltre che dalla location, anche dalla gratuità dell'ingresso, ripartire da Gardagolf è una bella sfida, che mi piace definire una sorta di anno zero. Un test importante, non solo per il campo, che arriva all'appuntamento in perfette condizioni, come ci hanno riconosciuto in queste ore dall'European Tour, ma anche per il pubblico, che dovrà pagare il biglietto d'ingresso, come accade nei tornei di golf di tutto il mondo. D'altra parte annunceremo proprio durante i giorni dell'Open una grande iniziativa per far entrare ancora di più il golf nelle case degli italiani».

Una scelta obbligata o strategica quella di far pagare il biglietto?

«Intanto è bene precisare che tutti tesserati della Federgolf e i ragazzi under 16 entreranno comunque gratis, quanto alla scelta, vorrei ricordare che noi, per dare sostenibilità al progetto Ryder Cup, abbiamo dovuto chiudere un accordo per 40 milioni di euro con Infront Sport and Media, cedendo loro i diritti di marketing e anche di ticketing. Del resto la crescita di questo sport passa anche attraverso questi piccoli sacrifici. In altre parole bisogna avere coraggio anche nel far comprendere al pubblico che un grande evento di sport, come l'Open d'Italia, deve essere a pagamento. Se vogliamo avere il coraggio di pensare in grande bisogna apportare dei cambiamenti. E il mondo del golf non deve avere paura di cambiare, deve aver paura di rimanere uguale».

Da allenatore di pallavolo lei ha vinto tanto, replicherà il suo format nel golf?

«Io mi sono sempre occupato e preoccupato di giocare per vincere, per arrivare primo. Sono maniaco dei dettagli, della disciplina e del rispetto delle regole. Sono sempre stato abituato nella pallavolo, come trainer e poi nel calcio, come dirigente, ad andare nei posti proprio per accettare le sfide. Ho fatto del cambiamento il mio mantra. Piuttosto che di format preferisco parlare di coaching alternativo. In buona sostanza, chi viene da altri campi vede cose che quelli che vivono in quel mondo non vedono. Non c'è differenza governare un evento golfistico o un'organizzazione di azienda. Io sono abituato a lavorare per obbiettivi e a scegliere la gente che ritengo professionalmente capace».

La Ryder Cup, i finanziamenti e le garanzie...

«Ho dedicato i primi due anni del mio incarico trascorrendo giorni e giorni a Palazzo Chigi. Quello della Ryder Cup è un progetto da 160 milioni di euro. Sessanta ci sono stati dati dal governo a fondo perduto e 100 ci sono stati dati dal governo a garanzia. E le garanzie, che erano la conditio sine qua non, sono tutte a posto.

Il cammino che ci aspetta da qui ai prossimi dieci anni, fino al 2027, con altri cinque Open da 7 milioni euro di montepremi, dopo la Ryder, punta a lanciare il turismo golfistico e alla valorizzazione del territorio da Nord a Sud. Una direzione che il nostro road to Rome, per far conoscere il golf, dal Monte Bianco alla Valle dei Tempi, ha già indicato».

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