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"Maradona megl 'e Pelè". No, sono agli opposti

Rivalità alimentata dal duello geopolitico tra Argentina e Brasile. Ma il paragone è impossibile

"Maradona megl 'e Pelè". No, sono agli opposti

Non credo che a Rio abbiano versato lacrime per Diego. Il Brasile del fucibol ha lo ius del primo creatore, quattro lettere, Pelé. La storia continua ed è pane quotidiano per chi gioca con questo tipo di sfide, ignorando altre divinità patriottiche, Schiaffino per gli uruguagi, Puskas per gli ungheresi, Di Stefano per gli spagnoli (ma don Alfredo era argentino di nascita), Best per gli irlandesi di Belfast, Yashin per i russi sovietici, Matthews per gli inglesi, Nordahl per gli svedesi, Just Fontaine per i francesi pre Platini-Zidane. Ma tra Maradona e Pelé il duello è stato artatamente allestito anche se il paragone e il parallelo risultano impossibili. Divisi da vent'anni all'anagrafe, il loro contenzioso è squisitamente geopolitico, perché i brasiliani si ritengono depositari del calcio, della musica, della vita bella, del sesso, della povertà e della ricchezza, proprio come gli argentini.

Pelé ha vinto tre coppe del mondo, la prima all'età di diciassette anni. Era di pelle nera in un'epoca molto più aspra e segregazionista di quella attuale. Fisicamente aveva doti che Diego non ha avuto, lo stacco e il colpo di testa micidiali, feroce il tiro a rete, elegante il movimento di gambe, cervo e puma che non ha varcato l'oceano per completare la sua carriera, limitandosi al Brasile e all'avventura pionieristica nel soccer americano.

Maradona è stato unico per la velocità fulminea di pensiero e di azione, per l'arte del dribbling, per l'astuzia della finta velenosa e della conclusione a rete, prestipedatore identico sul fango e su prati pettinati, gazzella e tigre che ha saputo esaltarsi nella Liga di Spagna e nella serie A d'Italia, fermandosi a un titolo mondiale, da lui consegnato all'Argentina nel 1986. Furbo, diplomatico, conservatore mai provocatore, in campo e fuori, Pelé ha vissuto sapendo di essere il migliore. Genuino, selvaggio nell'istinto calcistico, rivoluzionario, ribelle, Diego ha scelto una carriera all'opposizione comunque godendo i privilegi e i profitti del capitalismo da lui medesimo contestato. L'adulazione è il primo passaggio dello spettacolo calcistico, l'idolatria la stazione successiva, la beatificazione si realizza una volta defunti. Pelé sa che arriverà il tempo ma posso prevedere che, come a Rio oggi, quel giorno a Buenos Aires non ci saranno lacrime di popolo.

E la sfida continuerà nel silenzio dei campisanti.

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