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Marchionne mandi in pista l'anima Alfa, non il marchio

Oggi in F1 il revival è di moda: la Mercedes è la ex BrawnGp con un motore inglese La FCA si impegni a livello tecnico, sennò il Biscione sarebbe solo un Cavallino bis

Marchionne mandi in pista l'anima Alfa, non il marchio

Detestando ogni forma - più o meno legalizzata - di appropriazione, culturale, commerciale, industriale o sportiva, non accolgo mai di buon grado nemmeno i revivals, che celano soltanto dei puri e semplici interessi economici. Figurarsi un progetto di stile Marchionne, per rimettere in pista una Alfa Romeo di Formula 1 da parte di chi ne possiede lo storico marchio, non l'anima. E possiede anche una Ferrari, che può benissimo sdoppiarsi, frazionarsi e clonare, o una Lancia che, senza lo stesso appeal o attrazione, potrebbe prestarsi a eguali finalità. Oggi, infatti, riportare un grosso nome nei gran premi mondiali è un ricco business: basti osservare la mania ecclestoniana di riproporre una finta Lotus, o di far ponti d'oro a una Mercedes, che solo gli ignoranti o i più servili chiamano macchina tedesca o macchina di Stoccarda, con un telaio costruito nell'ex team Brawn a Brackley (Inghilterra) e con un motore realizzato dalla ex Ilmor a Brixworth (sempre Inghilterra), con capitali germanici. Eppure, il grande Jack Brabham, imitato dai suoi ammirevoli eredi, disse no allo stesso Ecclestone, che pure ebbe in gestione la squadra già a fine anni Settanta. La saga dei Chapman (Lotus) o Brabham o Cooper o Maserati o Bugatti non può continuare, se mancano valide discendenze. Questi sono i grandi valori che ancora contano in uno sport dell'automobile in declino.

L'Alfa Romeo è stata un glorioso mito degli anni Venti - si pensi, quasi un secolo fa - con le fantastiche macchine di Campari, Brilli Peri, Antonio Ascari e Borzacchini, vittoriosi in grand prix internazionali che valevano un mondiale. Lo stesso Enzo Ferrari è stato cullato da quelle glorie, guidando in quegli anni e poi portando a Modena, nella sua Scuderia, quelle stesse macchine, con l'arrivo di Nuvolari. Tutto all'insegna di un mito-Alfa rinnovato nel Dopoguerra, con gli stessi intenti, dagli uomini del Portello (quartiere che oggi sarebbe quasi Milano-Centro!), che hanno proposto le fantastiche Alfetta 1.500 compressore, nate come formula-Vetturette nell'ante-guerra e trasformate dai grandi progettisti di allora, da Vittorio Jano a Orazio Satta e Nicolis, in potentissime monoposto, pronte all'avvento della Formula Numero Uno del 1947, poi chiamata tout court Formula 1. Lo spirito è sempre quello dei grandi costruttori del passato: si affronta la competizione per il progresso dell'automobile, costato quantità di vite umane. È sacrosanto sfruttarne tutti i benefici, tecnici, industriali, commerciali e d'immagine. Tutto il resto è largamente discutibile. La stessa Alfa Romeo ha dovuto adattarsi all'era moderna, che rende impossibile la creazione di un reparto corse all'interno delle proprie fabbriche; ma anche con l'acquisto dell'Autodelta dell'indimenticato Ing. Carlo Chiti, trasformata in Alfa-Corse separata, lo spirito era rimasto intatto. Adesso, è proprio lo spirito antico che si vorrebbe perpetuare sotto ogni aspetto. La Fiat post-Valletta era impegnata a eliminare la concorrenza in Italia, fino all'acquisto di Alfa e Lancia. Diverso l'incorporamento del Cavallino, voluto dal Drake stesso. Oggi che è tutto livellato nella produzione, si può avvertire la necessità di rinverdire un marchio, ma con grande impegno tecnico. Un semplice doppione-Ferrari non avrebbe senso, se non all'interno di una stra-milionaria Formula 1 da lucro. Sarebbe un errore la creazione di una British-Mercedes-bis, in quel di Maranello, anziché in Inghilterra. La vera necessità è di ricreare l'autentico impeto Alfa Romeo nella normale produzione e di abbinarlo alla competizione di massimo livello.

Dopo tutto, l'industria ha ancora bisogno di sperimentazione, se si corre con monoposto ibride, con recupero di energia, per quella generazione di elettricità da utilizzare in una parallela motorizzazione elettrica che simboleggia l'auto stradale del nostro futuro.

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