Forse è il caso di rivedere e correggere un'antica legge del calcio italiano: tra un genio sregolato e un regolato di poco genio chi bisogna preferire? A leggere in queste ore lo scambio, discusso e molto reclamizzato, tra Cassano e Pazzini, tra Inter e Milan quindi, apparecchiato l'estate scorsa, la risposta è scontata. «È stata una genialiata di Galliani» il giudizio che ha ripreso a fare il giro dei blog e dei siti dopo la notifica dell'ultima cassanata e le prodezze balistiche del Pazzo in versione rossonera assiso sulla poltrona del terzo posto. L'interessato, quel fior di professionista dal sorriso malinconico, maltrattato più da un guaio fisico al ginocchio che ancor gli duole (all'atto della sostituzione sabato notte ha vissuto con una borsa del ghiaccio sull'arto), ha chiosato la vicenda con grande realismo. «Io sono sempre stato equilibrato: adesso scriveranno che l'affare l'ha fatto il Milan» le sue parole. Sembrano quelle di un vecchio saggio rimasto sul cucuzzolo della montagna e invece appartengono a un giovanotto maturo e serio, composto in ogni suo gesto, che ha accolto l'arrivo di Balotelli senza tradire insofferenza alcuna. «È vero - ha confidato - poche ore prima dell'annuncio ufficiale, Galliani mi ha chiamato al telefono e mi ha detto: guarda che forse prendiamo Mario. Ho capito che sarebbe arrivato e non ho fatto una piega».
È sempre stato uno dei pallini di Arrigo Sacchi, è diventato un criterio nell'arruolamento della Juve di Antonio Conte: avere in squadra dei bravi ragazzi, che poi risultino anche dei buoni calciatori, è una scelta che paga. E non solo perché uno come Giampaolo Pazzini, salito a quota 12 gol in campionato, mica bruscolini, è in grado di assicurare un proficuo rendimento alla patria ma perché il clima positivo, dentro lo spogliatoio, a cui contribuisce è una delle condizioni essenziali per dar luogo a quel prodigio realizzato dal Milan che va sotto il nome di rimontona. Adesso, solo adesso, a Milanello possono sbilanciarsi e aprire il sacco della memoria. «Anche da noi Cassano ha fatto qualche casino, niente di clamoroso, mai le mani alzate, ma siamo riusciti a tenere le notizie riservate» i primi commenti ascoltati sabato sera. Merito, naturalmente, della scuola milanista, dei Maldini e dei Gattuso: pochi spifferi. Persino nei giorni che han preceduto il divorzio dal Milan, Fantantonio è stato capace di metterci del suo.
«Chiedeva personalmente al cameraman di milan-channel di ritrarlo col broncio perché fosse chiara la sua intenzione» la testimonianza di un addetto ai lavori. Adesso Pazzini si è scrollato di dosso l'ombra fastidiosa del paragone. Comunque dovesse finire la stagione, un risultato, definitivo, lo ha già raggiunto: ha dimostrato di poter essere utile alla ricostruzione del Milan giovane, di non aver perso il vizietto del gol e di rappresentare la genìa dei calciatori con misurato talento ma tantissima testa e molta buona educazione. L'arrivo di Balotelli, a fine gennaio, non lo ha certo stritolato, come l'immaginario collettivo scommetteva e anche la stima di Allegri lo ha messo al riparo da qualche ingenerosa esclusione. Pazzini ha preso a martellate la Lazio, ha messo a durissima prova l'abilità di Marchetti, ha firmato un paio di sigilli e uno, al volo, ha ciccato clamorosamente disperandosi come un debuttante, segno di un grande senso di umiltà.
Chi ha fatto allora l'affare tra Inter e Milan, tra Cassano che scherza con Nagatomo e sfotte i compagni di ventura neroazzurra («moc' a loro, nemmeno tre passaggi di fila sono buoni a fare ») e il prode Pazzini? La risposta è nei fatti oltre che nelle convinzioni di molti tecnici avveduti (Prandelli compreso).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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