Sfida comandata da cima a fondo (68% di possesso palla), più di 25 tiri indirizzati in porta, Sepe, il portiere del Parma, il migliore dei suoi: può sembrare l'incipit di una cavalcata trionfale del Milan ed è invece il malinconico rovescio della medaglia di una classifica non ancora degna del famoso marchio. Perché Pioli ha avuto bisogno di un fortuito rimpallo causato da Bruno Alves, capitalizzato poi da Theo Hernandez entrato in area come guidato da un intuito volpino, per acciuffare sulla sirena il secondo, meritato successo della sua carriera in rossonero.
Il marsigliese, convinto a trasferirsi a Milanello dal colloquio estivo con Paolo Maldini a Ibiza, è l'unico vero bomber del Milan con i suoi 3 sigilli, tanti quanto quelli realizzati da Piatek (due rigori) uscito ancora una volta a mani vuote e con una faccia da retrocessione. Tre sigilli in 8 presenze del francese sono un parziale molto promettente, specchio delle sue migliori caratteristiche. Ieri, la rivelazione del Parma, Kulusevski, gioiellino della primavera Atalanta trasferito a Parma in prestito, si è arreso nei duelli, preoccupato più di arginare le sue travolgenti discese.
Siamo alle solite, allora. Il Milan è senza artigli né unghie a dispetto di un dominio di gioco e di tiri in porta, in parte sventati da Sepe oppure avviliti dalla mira discutibile proprio dei due centravanti schierati da Pioli. Già perché se Piatek ha la pistola scarica da sei sfide, Leao non può certo meritare qualche lode anche perché appena schierato ha calpestato le zolle di sinistra invece di occupare l'area di rigore. Non è sotto accusa la produzione offensiva. Anche questa volta sia il polacco che tutti gli altri, Kessiè, Suso, Calhanoglu e Romagnoli, hanno avuto più di una possibilità di sgabbiare subito in vantaggio rispetto al Parma rimasto, come al solito, rintanato nella sua metà-campo nella speranza di far scattare il contropiede a serramanico di Gervinho e Kulusevski.
Così c'è da ripetere il solito ritornello: cercasi disperatamente un centravanti.
Senza interrogarsi su dove sarebbe il Milan se avesse, non diciamo Immobile, re del gol con 17 centri, e nemmeno Lautaro trascinatore dell'Inter capolista, basterebbero le cifre della sfida di Parma per cogliere le esigenze del team. Massara, il ds, prima di cominciare, ha recitato la parte di chi non sa, non vede e non parla. «Nessuna trattativa con Ibrahimovic» la frase per non deprimere i due attaccanti che continuano a litigare col gol.
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