Cinque gol alla seconda in classifica in una notte da fuochi d'artificio quella al «Maradona». Una notte nella quale il Napoli ribadisce in maniera roboante di essere padrone assoluto del campionato. L'impronunciabile parola di otto lettere sembra ora trovare sempre più spazio nel vocabolario di un popolo più di altri legato alla scaramanzia. La grande bellezza della squadra di Spalletti è nella forza realizzativa di Osimhen e nelle giocate di Kvaratshkelia (i gemelli del gol, già 17 in due nel torneo) ma soprattutto nello spartito di un'orchestra che - a parte lo scivolone di San Siro - conosce poche stonature.
Un incubo l'ultima da presidente di Agnelli: era dal 1993 che la Juve non subiva 5 gol in una gara di A. Solo a tratti nel primo tempo, tiene testa alla corazzata napoletana grazie all'intraprendenza di un Di Maria in continua crescita e galvanizzato dal Mondiale. Ma la truppa allegriana paga errori marchiani in difesa (Bremer è il principale colpevole) e una manovra che nonostante ritocchi tattici significativi resta ancora lontana dal top. E così in poco più di novanta minuti, Szczesny, in collaborazione con Perin, incassa quasi tutti i gol subiti nelle precedenti 17 sfide (erano sette fino a ieri). Ci sono poi i meriti del Napoli, squadra agli antipodi di quella bianconera per gioco e progetto. Le fiammate di Osimhen e compagni «bruciano» i bianconeri già nel primo quarto d'ora, solo di attesa per gli ospiti, e più avanti in una ripresa dominata dal punto di vista fisico e tecnico.
L'ultimo 5-1 incassato dalla Juve in casa dei partenopei risale alla notte dei tempi e a quella finale di Coppa del 31 agosto 1990, guarda caso l'anno dell'ultimo scudetto napoletano. La squadra di Maifredi, che pure aveva in attacco la coppia del Mondiale Baggio-Schillaci, rimediò una batosta che segnò il destino del tecnico e della squadra, finita poi lontanissima dalla splendida Samp di Vialli e Mancini. Oggi quel Napoli, orfano di Maradona, ha altri interpreti importanti: il nigeriano Osimhen, uomo in maschera che sigla la quinta doppietta in serie A con la maglia del Napoli - per la prima volta dopo 4 tentativi infruttuosi gonfia la rete della Signora - e sale a quota 12 reti in campionato (anche lui sempre più padrone della classifica dei bomber); il georgiano Kvaratshkelia che dopo gli affanni di inizio anno ritrova gol e assist (sono già 9 nelle due voci in stagione); persino il difensore albanese naturalizzato kosovaro Rrahmani che tiene in partita la Juve con i suoi svarioni, rischia pure un'autorete (bravo Meret a evitare il 2-2 sui titoli di coda del primo tempo) ma poi affossa gli avversari con un eurogol.
Di Maria si ferma a una rete, bella per azione quanto fortunosa per i rimpalli vinti, e a una traversa. E di fatto la partita della Juventus finisce lì, la super vittoria del Napoli matura in una ripresa perfetta. Allegri scappa subito negli spogliatoi e dà la mano a Spalletti che lo insegue per salutarlo.
Prima della gara gli aveva tirato un'altra stoccata («nessun problema con lui, mi sembra che lui li abbia con me...) e dopo si gode un «Maradona» festante. I numeri del campionato dicono Napoli dopo un girone. Anche Sarri, 5 anni fa, correva così tanto ma poi fu beffato al traguardo. Non ricordatelo al condottiero di Certaldo...
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