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"Nello spazio ci siamo già. Ora donne anche in F1"

"Io dalla boxe a Monza. Troppo rigore nell'abolire le ombrelline: ammirare la bellezza non è reato"

"Nello spazio ci siamo già. Ora donne anche in F1"

Guida l'autodromo più importante del mondo e un record lo ha battuto appena arrivata, diventando la prima donna al comando della madre di tutte le corse. Alessandra Zinno, romana, due figli, laurea in Giurisprudenza e una vita nell'Aci, è un'eccezione, ma è abituata nella vita alle discese ardite e alle risalite. L'ideale per Monza che compie 100 anni, ma che ha sempre avuto come traguardo il futuro.

Alessandra, ma è vero che faceva danza classica?

«Da piccola. Poi sono diventata troppo alta e mi sono data al nuoto e all'atletica per arrivare a pugilato e kickboxing. L'ideale per allenarti alla resistenza e alle difficoltà».

E all'auto come ci arriva?

«Attraverso la passione di papà per i rally che io stessa amo moltissimo. Adoravo i servizi in bianco e nero sulle gare che la tv degli anni Settanta mandava in onda».

E lei come guida?

«Ufficialmente con prudenza. Ma mi piace molto guidare, guidare è libertà anche se nel traffico romano è sempre un'impresa. Per la cronaca: so anche cambiare una gomma».

Multe ne prende?

«Per i parcheggi a volte, per la velocità mai».

Quando una donna in F1?

«Quando lo decideranno gli uomini come spesso accade. Ma le donne oggi guidano aerei di linea, caccia da guerra e astronavi spaziali. Le giovani donne non si pongono limiti. E hanno tutte le qualità per misurarsi con gli uomini in F1».

L'auto è sempre stata strumento di emancipazione.

«È un punto di partenza non di arrivo, è la possibilità di conquistare la normalità. Anche qui la donna deve dare di più per dimostrarsi uguale agli uomini».

Com'è essere una donna alla guida dell'autodromo?

«Lo vivo bene. La diffidenza e il pregiudizio sono fisiologici, il cambiamento provoca sempre resistenze. Ma i risultati contano di più: l'importante è essere la persona giusta».

I proprietari americani della F1 hanno abolito le ombrelline. Che ne pensa?

«Non condivido la mercificazione del corpo femminile ma ammirare la bellezza non è reato. Si è sottratto in modo forse troppo rigoroso un elemento di colore».

L'autodromo compie 100 anni. Dove li dimostra e dove è rimasto ragazzino?

«È ragazzino nella sfrontatezza e nella passione. Ma anziano non è. È un signore di gran classe che molto ha vissuto. È un'opera d'arte antica ma di enorme fascino».

C'è un ricordo bello che la lega all'autodromo?

«La vittoria di Leclerc nel 2019. Ma l'attimo della partenza, di tutte le partenze, mette i brividi solo a parlarne».

La Ferrari che non vince è un limite?

«La Ferrari è un faro dalla potenza impressionante che quando è acceso illumina tutto. Nel bene e nel male. Ma chi ama la Ferrari non la lascia mai».

E quest'anno?

«Faccio la scaramantica. Dico che nei prossimi anni vorrei essere testimone di una Ferrari che faccia la Storia».

L'autodromo ha anche corso contro il Covid

«Siamo stati centro di triage e poi centro vaccinale. Un orgoglio esserci stati e aver dato una mano».

Hanno scritto: la Formula 1 senza Monza sarebbe come il tennis senza Wimbledon. Dove va l'autodromo?

«Sta vivendo una ripartenza dopo un biennio molto difficile per l'autodromo e per il mondo. Ma le grandi crisi possono farti rinascere anche migliore di prima».

Come vede la F1 quest'anno?

«Hamilton è un fenomeno ma la vittoria di Verstappen è stata un bene. Le rivalità e le incertezze migliorano le prestazioni e aumentano l'interesse».

Vede terzi incomodi Ferrari a parte?

«Le Mercedes non arretrano mai. Ma mi piacerebbe poter parlare di Alfa Romeo protagonista».

E che traguardo le piacerebbe tagliare nella vita?

«Ho sempre avuto l'ambizione di fare cose prima di altri. Vorrei non pormi dei limiti».

Gli italiani amano più la moglie o l'automobile?

«L'italiano ama la macchina per il senso di possesso che gli dà.

Voglio pensare che non abbia lo stesso sentimento per la moglie e che la ami invece solo per quello che è».

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