Più umiliante dell'apocalisse, ottenuta con la mancata qualificazione al prossimo mondiale in Russia, c'è solo il disastro atomico realizzato ieri a Fiumicino da quel che resta del calcio italiano con la mancata elezione del nuovo governo federale. Un desolante cumulo di macerie. È stata la dimostrazione plastica dello spessore dei tre candidati, dell'inadeguatezza di statuto e regolamenti e dell'incapacità di superare gelosie personali ponendo l'ambizione dinanzi al dovere di costruire un coraggioso scenario di riscatto. Alla fine di questa giornata che sarà ricordata negli archivi come il punto più basso della storia calcistica nazionale, è il caso di esprimere un giudizio cinico e spietato: forse è meglio così. Non solo per lasciarsi sopraffare dal pessimismo. Perché a questo punto potremo pretendere, spazzati via i fumosi programmi e i discutibili accordi sotto banco, una striscia di provvedimenti indispensabili per rimettere in moto il calcio. A cominciare dalle poche e mirate riforme dei campionati per finire all'introduzione di quei provvedimenti (accademie per valorizzare il settore giovanile e seconde squadre) che in Germania, ad esempio, hanno consentito dopo la sconfitta domestica del 2006, di realizzare la rivincita. Altra scadenza decisiva: la scelta del prossimo Ct. Meglio che sia un commissario competente a farla invece che un re travicello con una fragile e litigiosa maggioranza alle spalle.
Giovanni Malagò, presidente del Coni, a questo punto della crisi, non può più giocare a nascondino e deve misurarsi, direttamente, con le difficoltà dell'impresa. Dev'essere lui il commissario, deve guidare lui la ricostruzione, deve suggerire lui l'omologo da spedire a Milano per domare l'altra repubblica impazzita e ingessata dalle divisioni che è la Lega di serie A, alle prese con la delicatissima trattativa sui diritti tv del prossimo triennio. Damiano Tommasi, capo del sindacato calciatori, è stato il granello di sabbia che ha bloccato l'elezione di ieri.
Toccherà anche a lui indicare qualche personalità che contribuisca a uscire dal tunnel nel quale il calcio si è infilato anche per sua responsabilità, avendo rifiutato ogni tipo di accordo offerto da Gravina e Sibilia, fedele forse al patto d'onore sottoscritto con Malagò e il ministro Lotti. Vediamo di che pasta sono fatti questi eterni brontoloni. Vediamo di cosa sono capaci certi grandi ex bravissimi nel promuoversi con il contributo di una telecamera. Avanti c'è posto.
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