Pensieri e parole

Di emergenze occupazionali in Italia ce ne sono parecchie. Tanti i tavoli di crisi aziendali aperti. E se a questa situazione, già di per sé drammatica, se ne aggiungesse un'altra dalle cifre mostruose? Sono 150mila i posti a rischio nell'industria dell'auto che produce, in Italia, sistemi e componenti per i motori diesel. A lanciare l'allarme è la multinazionale Bosch, attraverso l'ad in Italia, Gerhald Dambach, che tra gli impianti di Modugno (Bari) e Offanengo (Cremona) dà lavoro a circa 3mila persone. Ma tra personale diretto e indiretto, compreso l'indotto, il calcolo fatto porta a 150mila i lavoratori che rischiano il posto. La colpa è da addebitare alla guerra al diesel tout court, portata avanti ideologicamente da chi si rifiuta di tenere conto dell'evoluzione tecnologica che ha portato alla realizzazione di propulsori capaci di ridurre al lumicino, se non azzerrare, le emissioni sia inquinanti sia climalteranti. Bosch, però, non molla e ha deciso di mettere l'opinione pubblica, ma soprattutto gli «anti-diesel» e i «diesel scettici», davanti al fatto compiuto. E così il 3 luglio, all'autodromo Aci di Lainate (Milano), misurerà, davanti ai gionalisti, le emissioni di un veicolo di serie con motore diesel di ultima generazione secondo il nuovo sistema di omologazione Rde (Real drive emissions). «Se si sostituissero le vetture che hanno un'anzianità di almeno 15 anni e dotate di motori a gasolio del passato, con diesel di ultima generazione, potremmo abbattere le emissioni di CO2 del 67%, i nocivi NOx del 90% e le polveri sottili del 96%», il messaggio di Dambach al governo affinché decida un provvedimento serio che porti al rinnovamento del parco veicoli.

Di guerra strumentale al diesel ha parlato anche Claudio Spinaci, presidente di Unione petrolifera, alla recente assemblea: «Bisogna evitare che sui cambiamenti climatici si combattano battaglie commerciali, come la criminalizzazione del diesel, del tutto ideologica». L'auspicio è che Bosch, il 3 luglio, allarghi l'invito anche a quegli amministratori pubblici e quei politici che si girano sempre dall'altra parte.

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