MUno scudetto di troppo. E quello del 2005-06 revocato alla Juventus per lo scandalo di Calciopoli e assegnato allInter dallallora commissario della Figc Guido Rossi. Nella relazione consegnata ieri pomeriggio ai membri del consiglio federale, il procuratore Palazzi spiega come e perché il titolo in questione sia inquinato dai comportamenti del compianto Giacinto Facchetti, a quel tempo presidente della società nerazzurra. Altro che Ponzio Pilato. Il suo parere è chiaro, addirittura scultoreo in alcuni passaggi. In 72 pagine, di cui 24 dedicate proprio a questa faccenda, riscrive la storia del periodo grazie alle intercettazioni telefoniche che non erano state prese in considerazione dalla giustizia ordinaria e conseguentemente da quella sportiva. Inoltre fa capire a quali conclusioni sarebbe giunto in assenza della prescrizione che archivia i reati dei club dopo 2 anni e quelli dei tesserati dopo 4. In soldoni non cancella nulla di quanto venuto a galla nel procedimenti del 2006, ma tanto aggiunge.
Palazzi è durissimo con Facchetti al quale contesta le numerose telefonate, emerse nel corso del processo di Napoli, con i capi degli arbitri Pairetto e Bergamo. Cè abbastanza materiale, secondo il suo parere, per parlare di illecito sportivo. Basta leggere il suo atto daccusa dove scrive fra laltro che le condotte di Facchetti, oltre a violare i principi di etica sportiva, erano «certamente dirette ad assicurare un vantaggio in classifica in favore dellInter mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, che devono necessariamente connotare la funzione arbitrale. Oltre alla responsabilità dei singoli tesserati, ne conseguirebbe, sempre ove non operasse il maturato termine prescrizionale, anche la responsabilità diretta e presunta della società». In altre parole il procuratore federale avrebbe chiesto la retrocessione in B dellInter che invece balzò dal terzo al primo posto grazie anche alla penalizzazione del Milan, finito alle spalle della Juventus.
Sarebbe stato meglio lasciare vacante il titolo. Ma Rossi, pressato dallUefa, preferì prendere una strada diversa affermando che non esistevano «motivi per ladozione di provvedimenti di non assegnazione del titolo». Da questo tsunami giuridico-sportivo il procuratore federale salva parzialmente Massimo Moratti contestandogli la violazione dellarticolo 1 sui principi di lealtà sportiva. In altro passo ricorda come i comportamenti di Meani, allora addetto agli arbitri del Milan, configuravano un illecito sportivo che meritava ben altra sanzione di quella inflitta alla società rossonera.
Al netto delle prescrizioni, il procuratore avrebbe accusato di illecito non solo Facchetti, ma anche Spinelli, presidente del Livorno. Per mancanza di lealtà sportiva avrebbe mandato a giudizio Cellino (Cagliari), Campedelli (Chievo), Foschi (Palermo), Gasparin (Vicenza), Governato (Brescia), Corsi (Empoli) e Spalletti (Udinese). Già giudicati Foti (Reggina) e Meani (Milan) oltre al comparto arbitrale formato da Bergamo, Pairetto, Lanese, Mazzei e De Santis. Assolti solo Zamparini (Palermo) e Zanzi (Atalanta).
E ora cosa succederà? Sul destino dello scudetto non cè prescrizione. Lultima parola spetta al consiglio federale che nella seduta odierna prenderà atto della relazione di Palazzi e rinvierà alla riunione del 18 luglio la decisione definitiva. E nei suoi poteri prendere una decisione amministrativa, e questa lo è. Ma Palazzi lascia capire che lInter dovrebbe avere la possibilità di esprimersi in quanto chiamata in causa dallesposto della Juventus.
Inevitabilmente dura la reazione di Moratti: «E un attacco grave e inaccettabile. Palazzi si sbaglia anche perché ha dato un giudizio su situazioni già esaminate. Considerare Facchetti come nelle accuse della Procura federale è offensivo, grave e stupido. I tifosi dellInter conoscono perfettamente Facchetti e lo conoscono perfettamente anche i signori che si saranno seduti a quel tavolo per decidere non so cosa».
La Juventus invece è rimasta in silenzio fino a ieri sera, «prima vogliamo capire cosa dirà lInter», lordine di scuderia. Invece lex presidente Cobolli Gigli sè espresso: «In quel periodo i dirigenti parlavano troppo con gli arbitri. Prima la Juventus. Ma anche altre squadre, tra cui l´Inter, si comportavano allo stesso modo. Era un mal comune.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.