Pubblica gogna per i dopati. Altro che tregua olimpica

Rivolta di tifosi e atleti con i riabilitati dal doping. Dotto duro: "Li guardi e vorresti dargli un pugno"

Pubblica gogna per i dopati. Altro che tregua olimpica

Per la città olimpica, per il parco olimpico, nei palazzetti olimpici, ovunque si aggira uno spettro che non è solo il doping, ma anche il modo in cui atleti puliti e pubblico lo stanno vivendo. Monta l'amarezza, c'è tensione, e siamo ai fischi, agli insulti. Nel nuoto i casi Sun Yang ed Efimova e Morozov, ieri in batteria e semifinale nei 100 stile con il nostro Luca Dotto, hanno trasformato il bordo vasca in un'arena di cose brutte. S'insultano fra loro gli atleti divisi tra puri o al momento puri e sporchi o al momento ex sporchi. Caricando a pallettoni i tifosi sugli spalti. Per dire. Luca Dotto dopo le batterie dei 100 ha detto: "Le Federazioni che dovevano prendere delle decisioni stanno perdendo la faccia e hanno stancato noi e il pubblico. E poi quando ci sono un paio di ex dopati che tolgono un posto in semifinale o finale a persone pulite, che lottano tutta la vita per quel posto... ecco... quando li guardo in camera di chiamata, mi viene da prenderli a ceffoni. Però sono ormai qui, non gli si può sparare alle gambe altrimenti l'avremmo già fatto, per cui cerchiamo di batterli perché vale doppia soddisfazione". Per dire: il Cio ieri ha saputo solo uscirsene con un inutile e ovviamente inascoltato "gli avversari vanno rispettati".

Luca infatti non fa nomi, ma è ovvio che si riferisca a Sun Yang argento davanti a Detti nei 400, o al russo Morozov, finito nel rapporto Wada e però riammesso dal Tas e ieri in batteria con lui nei 100 stile. Per dire: con cruda schiettezza australiana, Mack Horton, l'altro giorno ha vinto l'oro dei 400 davanti al cinese misterioso e sospetto e "non stringo la mano a un ex dopato". O come il caso Efimova, trovata positiva al meldonium e poi riammessa dal Tas e ieri notte seconda tra i fischi e gli insulti nei 100 rana. E il morso di Phelps l'ha accolta appena uscita dalla vasca: "Triste che i positivi siano stati autorizzati a gareggiare di nuovo. Mi si spezza il cuore e mi fa letteralmente incazzare". E il francese Lacourt sul cinese Sun Yang: "Ma se fa la pipì viola...".

Questo nel nuoto. L'atletica si prepara ad ugual cosa perché lo sport più rappresentativo della rassegna a cinque stelle è anche e purtroppo il più rappresentativo del doping. Per dire: Justin Gatlin velocista duro a invecchiare e soprattutto duro a darsi per vinto dopo i malanni del doping, è l'uomo che più di tutti, sulla carta e crono alla mano, può rendere difficile la vita a re Usain Bolt. E non a caso il re, un giorno sì e l'altro pure, se ne esce con frasi contro i dopati. Ieri ha detto "stiamo estirpando l'erba cattiva". Per cui anche qui ci si chiede come atleti e spalti accoglieranno l'americano trovato positivo due volte. Ugual cosa ci si domanda per Asafa Powell, anche lui finito nelle maglie dell'antidoping per uso di stimolanti. E che dire di Sandra Perkovic, fuoriclasse del disco, dopata nel 2011 e campionessa olimpica nel 2012 e oggi qui a difendere quella medaglia? O della cinese Li Yong che a Roma, tre mesi fa, ha stravinto la 20 km di marcia e poi l'ha persa perché squalificata un mese per positività e tutto è stato fatto di fretta ed eccola qui mentre Schwazer si sta dannando l'anima per essere riammesso?

Già, la triste e lunga e logorante vicenda del marciatore. Ieri notte, appena usciti dall'interminabile audizione con Alex davanti al Tribunale di arbitrato sportivo in trasferta a Rio, i suoi legali hanno detto sconsolati "Alex proseguirà con gli allenamenti, la sentenza verrà comunicata entro venerdì, termine massimo per consentirgli di prendere parte alla 20 km di marcia". Il suo allenatore, Sandro Donati, si è lasciato scappare un preoccupante "pronti a una sentenza già scritta". Gli avvocati hanno comunque fornito tutte le evidenze a sostegno della tesi difensiva: vizi di forma, la provetta etichettata con il nome del paese, Racines, dove vive un solo atleta al mondo, cioè Alex, per cui diritto all'anonimato violato. Quindi prove video che illustrano l'andamento ormonale monitorato spontaneamente per mesi, anche nel periodo in questione (il test del 1 gennaio scorso).

Il problema, visto lo spettro che s'aggira per l'olimpiade, è però un altro. Comunque vada a finire, Alex ha perso. Perché se i giudici confermeranno la decisione Iaaf, addio olimpiade e carriera.

Dovessero invece dargli ragione e riammetterlo in tempo utile per la 20 km e, soprattutto, per la sua 50, andrà scortato mentre marcia. Il pubblico di Rio ha scelto: la squadra degli ex dopati non ha bandiera e non ha casa.

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