L'ottimismo degli uomini di rosso vestiti, la stella Mercedes che sembra brillare, la scommessa di Hamilton che potrebbe essere vincente. E poi e su tutto: la rabbia di Alonso e la fuga di Alonso e le vacanze di Alonso e il suo ritorno e i primi sorrisi e quella frase che accomuna lui, il fuoriclasse, e Massa, l'ottimo pilota recuperato alla funzione: «Questa Ferrari è di un altro pianeta».
L'attesa del mondiale al via domenica è riassunta in questi pensieri veloci, perché il resto sono i dubbi sulle diavolerie pronte a scendere in pista fra scarichi soffiati e fiancate basse e doppie ali mobili passive. Trovate pronte a eludere o ad essere scoperte. I dubbi sono anche made in Italy e stavolta non c'entra la Ferrari. C'entrano invece resa, effetto, ruolo, impatto che avranno le gomme Pirelli, visto che la casa italiana è intervenuta nuovamente sulle mescole ora più morbide, più particolari, dove la dure di oggi sono più o meno le medie di ieri. Per cui più prestazione e maggior degrado e dunque più pit stop come deciso e chiesto dal governo del motorsport e dunque e soprattutto più piloti con il punto interrogativo stampato in fronte. Vedi Vettel quando dice «è stato molto difficile interpretare i cambiamenti di assetto e trovare la direzione giusta per lavorare proprio perché le gomme non funzionavano abbastanza bene». E questo è rincuorante per gli avversari, Ferrari in primis, visto che a lamentarsi così è stato solo il campione del mondo. Qualcosina ha detto anche Perez, preoccupato da un festival di pit stop al primo Gp. Lui parlava di 6, molti ne attendono al massimo 3. Si vedrà, si capirà, si dirà e si scriverà. Va bene lo show, ma non si deve esagerare.
Ma è la Ferrari a catalizzare le attese del pubblico tifoso e quelle dei rivali decisamente meno tifosi. L'altro giorno a Maranello, sia il gran capo in pista Stefano Domenicali, che il papà della F138, Nick Tombazis, solitamente seguaci del low profile non nel senso di fiancate della monoposto ma di approccio con i media, avevano invece e inaspettatamente un profilo, diciamo, medium. Per cui «obbiettivo podio», la frase del capo della Gestione sportiva poi sottoscritta dal presidente Montezemolo; per cui obiettivo sonni tranquilli per l'ingegnere greco perché «non credo vivremo incubi a Melbourne...». Dove gli incubi non sono alla voce imprevisti, quelli ci possono sempre stare, ma alla voce paragoni, alla voce passato, l'anno scorso, quando la F2012 arrivò a Melbourne e scoprì di avere un secondo e mezzo abbondante di ritardo e Alonso e Massa capirono che in qualifica l'obiettivo vero sarebbe stato acchiappare il passaggio in Q3. No. Stavolta l'aria è diversa. «In Brasile avevamo 7-8 decimi di distacco dai più veloci» ha detto Fernando tornato sorridente dopo il lungo e scuro inverno dei tanti allenamenti e molti sguardi ombrosi. Due decimi al massimo è ora il distacco, ma non dalla Red Bull che forse si è nascosta nei test, bensì dalla Mercedes regina dei test sia con Hamilton che con Rosberg. Nel duello finale di Barcellona con gomme soft, Nico è stato davanti a Fernando di 3 decimi, unici - loro due e Lewis - a scendere però sotto il muro del minuto e 21. E infatti «penso che potremo lottare per il mondiale» dice ancora lo spagnolo, «adesso abbiamo un'auto che risponde ai cambiamenti (è nata nella galleria del vento di Colonia, ex Toyota, usata anche dalla McLaren, ndr). Diciamo che è 200 volte meglio di quella del 2012».
Quanto al resto, occhio alla Lotus di Raikkonen di nuovo veloce e furbetta e occhio a Grosjean, suo compagno, perché alla prima sciocchezza potrebbe cedere il posto al nostro Davide Valsecchi, pilota di riserva. E occhio alla McLaren un po' indecisa di mister Button. Chilometri alla mano, gli inglesi ne hanno fatti 1838, la Ferrari 1992 e la Mercedes 2239 ancora regina. Vuoi vedere che Hamilton ci ha visto giusto?
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