Questo mercato infinito ha stufato pure i tifosi. E non serve a nessuno

All'estero chiudono presto, da noi trattative flop ma tante voci stucchevoli e gossip da portineria

Questo mercato infinito ha stufato pure i tifosi. E non serve a nessuno

Si può vivere senza pallone? Forse, chissà. Si può vivere senza calcio mercato? Giammai, così non pare, anzi direi di escluderlo. Non c'è un attimo di pausa, quelle che erano trattative e contatti oggi sono diventati rumors che fa più fine ed inganna l'ignorante del tema. I social impazzano di ogni sciocchezza, si riteneva, in modo errato, che il caso Guardiola facesse giurisprudenza in quanto a baggianate, invece è stato un semplice segnale di fumo grigiastro che ha anticipato la nebbia di queste settimane. Guardiola è rimasto là dove si trovava, dunque Manchester City, Icardi è all'Inter, Dybala alla Juventus come il suo compatriota Higuain, Dzeko alla Roma, i procuratori ronzano attorno al miele, i club aspettano e sperano e, intanto, all'estero si gioca, si incomincia a fare sul serio, si occupa lo spazio vuoto e inutile del chiacchiericcio quotidiano, mosche e zanzare seguitano a molestare giornali, radio e televisione, presunti scoop, annunci clamorosi.

Mentre da noi si sguazza in portineria, all'estero si gioca, venerdì parte la Ligue 1 di Francia, alla stessa ora ecco la Premier League d'Inghilterra, una settimana dopo, il giorno successivo al ferragosto, vanno in campo la Liga di Spagna e la Bundesliga di Germania.

E noi? Ultimi, come sempre e per sempre, dobbiamo farci conoscere e riconoscere, per poi nasconderci dietro l'alibi di comodo che soddisfa i gonzi: «i nostri avversari sono più avanti nella preparazione, dobbiamo lavorare» eccetera, eccetera.

Balle colossali, giustificazioni infantili e di repertorio, smentite dalle prestazioni dell'Inter contro il Tottenham o del Napoli contro il Marsiglia o contro lo stesso Liverpool, sconfitte, le rivali di campo, nel risultato e nelle prestazioni.

Ma perché tocca sempre a noi chiudere la porta del giro europeo? Elementare, perché le istituzioni non viaggiano alla stessa velocità del continente, perché le stesse pensano che con l'introduzione del Var l'Italia abbia fatto un passo più veloce delle altre, dimenticando che prima la preparazione degli arbitri poi le tecnologie, perché il calcio italiano vive di rendita ma non ha ancora capito e assorbito le nuove strategie di investimento e di comunicazione.

Prendete la storiella dei diritti televisivi: ci risiamo con la distribuzione tra due piattaforme, una, garantita nella qualità e nella puntualità del servizio, l'altra, improbabile, inaffidabile, a parte la propaganda pubblicitaria che tenta di mascherare le lacune tecniche di diffusione. Ma a chi importa questo, se non agli utenti imbufaliti? Non certo a chi ha incassato il dovuto e non si interessa del servizio per il cittadino tifoso abbonato. In tutto, e su tutto questo, il drone calcio mercato circola indisturbato e vive la sua sagra quotidiana, lancia mortaretti, prodotti di facile consumo anche se di imprecisata marca e affidabilità, la gente abbocca e la storia continua.

In verità c'è fame di

pallone, quello vero e non quello gonfiato di aria tossica.

Gli altri giocano e noi parliamo. Dobbiamo aspettare il nostro turno, abbiamo in mano il numero alto, siamo in coda, ultimi della fila. Un bell'applauso a tutti.

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