Il più acclamato è il nostro Vincenzo Nibali, che avrebbe anche potuto non correre questo mondiale visto che gli si addice molto poco a livello tecnico, ma non ha esitato a rispondere sì - a differenza dello spagnolo Contador - alla convocazione azzurra. «Il ciclismo è uno sport di maglie. Non esistono i trofei, si lotta per una maglia. Io ho avuto la fortuna di vestire le maglie che più sognavo: quella rosa del Giro, quella rossa della Vuelta, quella tricolore di campione d'Italia, quella gialla, la più importante di tutte, del Tour de France, ora so che non posso ambire più di tanto alla maglia iridiata, ma vestire quella azzurra del mio Paese è un dovere oltre che un onore».
Orgoglio siciliano, di un atleta che qui in Spagna definirebbero un "hombre vertical".
«Non sono al cento per cento. La condizione è buona, ma senza la caduta alla Tre Valli e questa ferita all'anca (è probabile che - al suo ritorno in Italia - dovrà anche sottoporsi ad un trapianto di pelle, ndr) che fatica a rimarginarsi sarebbe andata meglio. La verità è che sarei dovuto andare all'ospedale per curarmi...».
Il percorso non sembra essere impossibile
«È duro ma non durissimo, dipenderà molto dal ritmo della corsa. Uno dei punti chiave è la discesa finale. Lì, se si hanno gambe, si può fare qualcosa di buono».
I rivali che teme di più?
«Gerrans e Van Avermaet, che stanno andando fortissimo. Poi Valverde e Rodriguez, che giocano in casa».
Il Ct vuole un "caos
organizzato«Il mondiale è davvero una lotteria e questo di Ponferrada lo sarà ancora di più. Noi abbiamo tanti attaccanti, molte soluzioni. Ci manca il velocista puro, ma questa può essere anche la nostra arma in più».
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