La rivoluzione Milan smontata in tre mesi Ma Montella resta

Dall'euforia estiva all'ennesimo ko nel derby. La società ha deciso: l'allenatore non si tocca

La rivoluzione Milan  smontata in tre mesi  Ma Montella resta

Non è stata una sconfitta da tripla I (la I di Icardi), quarta in otto sfide che ha scavato un fossato rispetto all'Inter e alla zona Champions. È stata una tranvata che qui sta per sconfitta clamorosa come recita la spiegazione. Durissima da sopportare ma che non ha comportato scosse telluriche né a Milanello e nemmeno dalle parti di via Aldo Rossi, casa Milan cioè. La nuova strada scelta dai manager rossoneri è confermata: nessun cambio di panchina, farebbe ritornare indietro di tre mesi tutti gli orologi. Perciò Montella ha radunato lo staff, Mirabelli è salito a Carnago per scambiare altre impressioni col tecnico e capire dai volti più che dalle frasi di circostanza, la tenuta complessiva dello spogliatoio mentre Fassone ha spedito in Cina l'ultimo reportage del Corriere della Sera sulla solidità del presidente Youghong Li per conoscere eventuali risposte da dare. È stato un lunedì complicato, insomma. Ingigantito da qualche insulto via social incassato dall'incolpevole Suso (il migliore dei suoi) e alleggerito dal post di Bonucci che non è il tipo da tirarsi indietro e ha riconfermato «la fede nell'obiettivo Champions» a dispetto del pessimismo cosmico diffuso tra i tifosi, in grande fermento e polemici, per usare un eufemismo, nei confronti di Montella. Il 90% di questi è già sceso dal carro come ha documentato il durissimo giudizio di Salvini («squadra e allenatore ridicoli»).

Dietro il fallimentare bilancio del derby è possibile riconoscere i limiti strutturali dell'attuale Milan. Alcuni provengono dai rilievi statistici: per esempio i palloni rubati dai neroazzurri (14 contro 7) che sono la spiegazione dei primi due gol, Borja Valero e Icardi gli autori dei blitz; per esempio i palloni recuperati (57 contro 43) contraddetti dal possesso palla del secondo tempo (68,5% contro 31,5% per i rossoneri).

L'impalpabile primo tempo è la fotografia del ritardo nel trasferire da Montella alla squadra i concetti di gioco, l'incoraggiante seconda frazione è la bocciatura vistosa di alcune scelte, tipo Suso seconda punta in particolare, tipo la conferma di Biglia tornato spolpato, stanco dal viaggio e dalla partita dell'Argentina in Ecuador, ad altezza stratosferica. Non è un caso che i due rimasti a Milanello durante la sosta, Suso e Bonaventura, siano stati i migliori della compagnia. Lo spagnolo, da quel che si è capito, non giocherà più al fianco del centravanti, ma da interno toglierà il posto a Kessiè che è l'altro mistero doloroso insieme con Bonucci.

Dinanzi a questo dissesto, Montella ha una sola certezza: non

tornerà indietro nel sistema di gioco, come hanno provato a suggerirgli molti addetti ai lavori. Si sa che Vincenzo, in materia di consigli tattici, è molto permaloso (dixit Berlusconi): se non gli piacciono, li cestina.

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