Roma da Champions, Milan da incubi

Dzeko e Florenzi stendono il Diavolo. Musacchio crea voragini, Montella al derby da -7

Roma da Champions, Milan da incubi

Milano La svolta più autentica e scintillante è quella della Roma. Che per il terzo anno consecutivo ha demolito il Milan, questa volta con un passivo meno roboante, 2 a 0 e via, per confermare la gerarchia dei valori e anche le legittime ambizioni Champions. Svolta meritata, bisogna aggiungere subito, impreziosita da due gioielli di gol che hanno sottolineato con la matita rossa le fragilità della squadra di Montella. Sul primo di Dzeko che ha fulminato dal limite Donnarumma, c'è stato un taglio di Pellegrini arrivato dopo la mezz'ora per prendere il posto di Strootman ridotto a mal partito da Fazio in una collisione fortuita. Qui la difesa del Milan è sembrata inerme anche perché Musacchio ha ritardato nella chiusura. Sul secondo lo sfondone di Musacchio è ancora più evidente perché è andato in raddoppio su Dzeko aprendo una botola dentro la quale si è infilato Nainggolan dal cui tiro è nato il raddoppio di Florenzi. Come per una legge del contrappasso, la Roma migliore ha castigato il Milan al culmine della frazione più incoraggiante dei rossoneri, partiti dopo l'intervallo con un piglio diverso. Prima tutte e due le squadre si sono limitate a qualche scaramuccia di nessuna emozione. Il fatturato rossonero finale è comunque misero a dire il vero. Perché i pericoli apparecchiati sono stati due: il primo con un bel destro di Bonucci dopo mischione in area su cui Alisson ha compiuto una vera prodezza, il secondo con una girata centrale di Kalinic, sfuggito per l'occasione alla gendarmeria giallorossa.

Appena il Milan ha immaginato di poterla vincere, l'ha persa. E non per presunzione. Solo perché, col tempo, lo schieramento di Montella si è sfilacciato, tra i reparti si sono aperti dei vuoti colmati dalla corsa e dal palleggio dei romanisti. Florenzi, lanciato da Peres, tutto solo davanti a Donnarumma è stato solo l'avviso di chiamata. Perché poi ha provveduto Dzeko con una delle sue volèe a indicare la strada alla Roma e a far scivolare il Milan nei suoi tormenti e nei suoi guai. Che sono stati ingiganti dal raddoppio di Florenzi e più tardi anche dall'espulsione (doppio giallo) di Calhanoglu, uno dei deficit più vistosi di questo Milan che non solo non ha trovato la strada maestra ma è stato respinto, per la terza volta, dai quartieri alti della classifica. Adesso è scivolato in zona Europa league e dopo la sosta il derby con l'Inter, ormai distante già 7 punti, diventerà una sorta di giudizio universale. È vero: Fassone e Mirabelli, con le facce da retrocessione in tribuna, si sono precipitati a far sapere che «Montella non corre alcun rischio» e che continuerà lui a gestire il rilancio milanista che minaccia di diventare un altro calvario, pari a quello vissuto negli ultimi anni quando però Fininvest aveva chiuso la cassa e costretto Galliani a lavorare con mercato a saldo zero.

Ieri sera la bocciatura è del Milan uscito dal mercato di Mirabelli: nove su undici, infatti, sono stati i rinforzi arrivati in estate. Di loro hanno funzionato Borini e Rodriguez, poco, troppo poco per aspirare al ruolo di terza o quarta forza del campionato. Molte le delusioni.

In particolare dalla fattura del gioco che ha costretto i due attaccanti agli stenti, per non parlare di Calhanoglu che sembra immeritatamente prendere il posto di Bonaventura o Suso, ancora in panchina. A Genova sotto accusa finirono Bonucci e Zapata, ieri con la Roma Musacchio è stato l'anello debole della catena.

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