Questa volta i fantasmi di Ibrahimovic e Thiago Silva non c'entrano più. E nemmeno l'arrivo a Milanello di un nuovo plotone di calciatori (scusate, non è successa la stessa cosa a Firenze con risultati decisamente opposti?) può avere l'effetto di spiegare l'ennesimo cedimento strutturale avvenuto nel suo stadio, a San Siro, il quarto dalla sfida inaugurale con la Sampdoria. È invece arrivata l'ora di fare i conti con la sesta caduta del Milan in campionato e con la condanna, definitiva, a una stagione di tormenti e di errori, di orrori e omissioni. È venuta l'ora di chiamare Allegri a rispondere della sua guida insicura e instabile del Milan che non ha più ambizioni dichiarate da scudetto ma solo orizzonti precari da cui difendersi e nemmeno le certezze degli ultimi tempi (Montolivo e El Shaarawy) a cui aggrapparsi. Sono tanti i rilievi da presentare al livornese: 1) ondeggiare pericolosamente per molte settimane da un sistema di gioco all'altro senza una bussola tattica; 2) partire spesso, molto spesso, con lo schieramento sbagliato sbagliando scelte dei singoli poi puntualmente corrette nella ripresa; 3) non essere riuscito a infondere una identità di gioco oltre che una sicurezza difensiva a un reparto che non può essere dichiarato inferiore, per cifra tecnica ed esperienza, a quello di Udinese, Cagliari, Atalanta, Parma, Catania, squadre che gli stanno davanti in classifica.
Ieri, per la prima volta forse, Allegri ha alzato la voce nello spogliatoio di San Siro con i suoi: ha gridato tutto il suo sdegno per quel modo indecente di subire i primi due gol dalla Fiorentina da fallo laterale. Lo hanno sentito in piazzale Lotto. Ma non ha risposto agli interrogativi più urgenti. Perché ha insistito su Mexes ignorando Yepes giusto giusto per arrampicarsi su Toni? Perché non si è accorto di Emanuelson spolpato? E quel Pato non ha dato segni in settimana di avere ancora le gomme sgonfie? Berlusconi è semplicemente deluso, Adriano Galliani lo ha difeso con i denti e lo ha anche aiutato con suggerimenti utili ma ieri si è chiuso in un silenzio assordante. Che può sfociare questa mattina, dopo l'intesa telefonica con il presidente, in un provvedimento clamoroso di esonero.
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