Sarri, Giampaolo & Co. Il mantra del bel gioco infiamma il campionato

Basta con contropiede, palle lunghe e tatticismi Non solo le big vogliono stupire. Anche se Conte...

Sarri, Giampaolo & Co. Il mantra del bel gioco infiamma il campionato

Forse è la volta buona. La volta buona, per il calcio italiano, di sconfiggere la mala pianta del risultatismo, l'arci-nemico che Arrigo Sacchi continua a combattere anche in questi giorni consumati in viaggio lungo le spiagge italiane a presentare il libro sulla sua prima coppa dei Campioni e a svolgere la campagna elettorale a favore della nuova leva di tecnici saliti sulle panchine più prestigiose. «Conto molto sul lavoro di Maurizio Sarri alla Juventus» è l'auspicio ripetuto come un mantra fin dal giorno dell'arrivo a Torino dell'inventore del Napoli delle meraviglie. E la spiegazione è scontata. Eccola: «Perché chi vince imboccando la strada del coraggio di comandare il gioco a tutto campo può produrre emulazione nel resto del campionato». Ai suoi tempi, ai tempi del primo Arrigo di Milanello, solo la Juve dell'Avvocato, stregato dai successi di Berlusconi in giro per il mondo, puntò per una stagione su Gigi Maifredi, stessa matrice, stesse idee: il trapianto non riuscì provocando la restaurazione col ritorno del Trap. Adesso si è capovolto il mondo sotto gli occhi del rivoluzionario di Fusignano. La Juve è passata da Allegri a Sarri, da alfa a omega, Il Napoli ha confermato Ancelotti, l'Inter si è convertita al tremendismo di Antonio Conte, il Milan ha scelto un convinto allievo dell'ex ct come Marco Giampaolo, la Roma è finita all'estero per strappare Fonseca, Di Francesco si è trasferito alla Samp e il Sassuolo ha confermato De Zerbi, il più giovane e promettente della nuova leva di allenatori considerati figli di Sacchi. «Che poi non ho mai detto o pensato che il risultato non fosse importante: per fortuna ho vinto parecchio in carriera e non sono mai stato esonerato» è un'altra delle rasoiate che Arrigo infligge ai suoi critici.

«Una volta, quando frequentavo il corso di Coverciano, era il '94, subito dopo il mondiale, c'era un tale clima che noi zonisti mangiavamo a un tavolo distante da quello degli italianisti» osserva Alberto Zaccheroni osservatore disincantato dopo le esperienze in Giappone, Cina ed Emirati Arabi uniti. A dire il vero, la guerra di religione, sotto sotto, tra risultatisti e sacchiani è ancora in atto, non dichiarata ma combattuta aspramente nei salotti tv e sui social tra tifosi: quelli della Juve hanno da una vita impiccato Allegri, pieno di trionfi, all'albero del gioca male.

Un anno fa, di questi tempi, Sacchi ospitò nel buen ritiro di Milano Marittima Sarri e Guardiola, li considera i suoi attuali capi-scuola, con loro ha frequentazione quasi quotidiana via sms e telefonate notturne per uno scambio di opinioni e giudizi su calciatori ed esibizioni. Di recente, dal catalano Pep ha ricevuto un filmatino su whatsapp che riproduce il gol del suo Milan '88-89 realizzato da Gullit a Madrid contro il Real e annullato per presunto, molto presunto, fuorigioco condito da ironico commento («incorreggibili»). La Juve può fare da battistrada, seguita da Inter, Milan, Roma, Samp, Sassuolo: un bel plotoncino di squadre capaci di soddisfare il gusto estetico del pubblico e incrementare la passione per il calcio offensivo, abiurando il famoso contropiede, generato «da quella maledetta idea di togliere un attaccante per aggiungere un difensore» il riferimento allo svizzero Rappan e al battesimo del libero. Che poi, ad ascoltare il Sacchi che si fa storico del Belpaese, il contropiede è duro da sconfiggere, è entrato nel dna del suo popolo. «Lo abbiamo adottato anche nelle guerre, quella del 15-18, tutto sommato la vincemmo così.

Una sola volta siamo andati all'attacco e abbiamo preso una bastonata sonora» la sbrigativa lettura calcistica del primo novecento italiano. Ora che, grazie al cielo, le guerre non ci sono più, è rimasta quest'ultima guerra santa da scatenare e vincere nel prossimo campionato. Puntando tutto sui figli di Sacchi e sul loro calcio anti-italiano.

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