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Daniele Greco: "Se vedo l'azzurro dimentico i guai. Salterò sul podio"

Da oggi gli Europei di atletica a Zurigo. Il triplista è una delle nostre poche speranze

Daniele Greco: "Se vedo l'azzurro dimentico i guai. Salterò sul podio"

La maglia azzurra come una seconda pelle e l'incrollabile fede, quella testimoniata oltre un anno fa con l'oro europeo al collo e la maglietta “Jesus live in me”, lo hanno spinto oltre il dolore. Daniele Greco, venticinque anni da Nardò, tra un infortunio e l'altro oggi va in pedana nel salto triplo. Qualificazioni degli Europei di Zurigo che solo tre settimane fa sembravano compromessi. Dal ko ai Mondiali di Mosca dell'anno scorso a oggi non ha fatto più di dieci gare, ma non si è arreso. E il direttore tecnico Massimo Magnani lo ha lanciato così: «Daniele ha possibilità notevoli e se ha scelto di essere qui è perché può dire la sua».

A che punto siamo?

«Volevo esserci a tutti i costi. La stagione è iniziata a inseguimento. Ho avuto un infortunio grave in inverno, ho saltato i mondiali indoor. E poi a Roma al Golden Gala un altro imprevisto».

E tre settimane fa si è ritrovato con due problemi...

«Agli assoluti di Rovereto sono uscito dalla pedana perché proprio non riuscivo a saltare. Pensavo a un'altra cosa grave, invece era un'infiammazione al tendine sinistro, una peritendinite, ma è servita per scoprire una lesione a quello destro che era ormai in fase di guarigione, pensavo a una botta».

Quindi è stata una corsa contro il tempo per Zurigo?

«La condizione non è ideale ovviamente, ma le sensazioni in allenamento mi hanno convinto che posso giocarmela in Europa, soprattutto nei salti completi ho avuto le risposte che volevo. E poi la maglia azzurra per me è speciale».

C'è già stata un'altra vigilia tormentata...

«Già, gli Europei indoor di Goteborg 2013 e ho vinto l'oro. Invece a Mosca era tutto tranquillo e poi... le sensazioni lasciano sempre il tempo che trovano, soprattutto nel triplo».

E adesso cosa si aspetta?

«L'obiettivo minimo dopo aver saltato i Mondiali indoor era vincere. Fino a maggio avevo le carte in regola. Ora con tutti gli imprevisti che si sono presentati, andrò in pedana e lotterò come sempre per una medaglia».

E secondo i suoi conti per il podio che misura serve?

«Diciamo che tra 17.25 e 17.35 può essere sufficiente, ma per il gradino più alto bisogna spingersi a 17.50. Strategia? Farò pochi salti soprattutto in qualificazione per dare tutto in finale».

Nel 2014 nessun atleta europeo è arrivato a tanto...

«Diciamo che il pericolo principale sono i russi e i francesi. E c'è Donato che quando decide di andare in pedana è perché può far bene. E poi è il campione uscente...».

È il primo vero banco di prova per l'atletica dopo il disastro di Londra 2012. Come ci arriva l'Italia?

«A Rovereto tanti atleti sono andati forte, un bene che ci sia stato il cambio di direzione con la Fidal che ha fatto un ottimo lavoro. Stiamo rinascendo nei lanci e nel mezzofondo. Gli atleti c'erano prima, ci sono ora e ci saranno sempre, bisogna solo riuscire a investire le risorse nel modo giusto per farli rendere al massimo».

La spedizione è un mix tra esperienza e gioventù, lei dove si mette?

«Io sono nel mezzo. Ho l'esperienza perché ho già fatto un'Olimpiade e diversi campionati del mondo, ma ho anche 25 anni quindi sono ancora giovane anche se il triplo usura molto e me ne sto rendendo conto solamente ora».

Gli Europei e poi i Mondiali dell'anno prossimo, ma il pensiero corre a Rio...

«Abbiamo due banchi di prova, se dovessi sacrificare qualcosa preferisco farlo ora che nel 2016.

Anche se poi vincere è sempre la miglior medicina».

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