Semenya, il processo e un sopruso al contrario

Semenya, il processo e un sopruso al contrario

Per un atleta, uomo o donna che sia, la sconfitta senza colpa, la sconfitta pur essendo il più forte, la sconfitta subita impotente di fronte a una chiara ingiustizia rappresentano una violenza sul corpo e uno stupro dell'animo. Per questo la vicenda di Caster Semenya è un sopruso al contrario, una discriminazione all'inverso, dove chi si sente abusata e discriminata, invece abusa e discrimina. Forse inconsapevolmente, forse e, peggio, consapevolmente. Colpa di madre natura e colpa del dio Sport, colpa di un genere già definito nella vita vera ma ancora scivoloso nelle pratiche agonistiche. È uomo o donna Caster Semenya che stravince e umilia le rivali con i suoi muscoli, la sua forza, i suoi lineamenti da pugile? Madre natura dice donna, dio sport dice non proprio, dice che non si può andare avanti così. Per cui e di nuovo: chi abusa chi, chi discrimina chi? Da lunedì è in corso a Losanna, presso il Tribunale d'arbitrato sportivo, il faccia a faccia che dopodomani ci darà la risposta. Da una parte la discussa mezzofondista iperandrogina sudafricana due volte oro olimpico e tre volte mondiale negli 800 metri; dall'altra la Federatletica mondiale. In mezzo, questa dolorosa questione di diritti negati. A lei, di vincere da donna; alle sue rivali di lottare contro una donna. Per questo, i diritti violati sembrano soprattutto quelli di altre. La campionessa sudafricana ha infatti impugnato davanti al Tas la norma introdotta dalla Iaaf (e sospesa fino al 26 marzo) che vieta alle atlete di gareggiare su distanze superiori ai 400 metri quando nel sangue abbiano livelli di testosterone che vanno oltre i 5 nanomoli per litro (2,5 la media per le donne). Se intendono partecipare, prevede la Iaaf, devono assumere farmaci che abbassino il testosterone; altrimenti potranno iscriversi alle competizioni maschili o a quelle intersex già allo studio dalla Federazione. È stato calcolato che negli 800m i livelli troppo alti di testosterone garantiscono tempi più bassi anche di 7 secondi. Nel 2011, una regola simile era già stata introdotta e all'improvviso Caster Semenya si era trasformata in terrestre; nel 2015, il ricorso accolto al Tas di un'altra atleta l'aveva annullata.

E l'anno dopo ecco quel podio imbarazzante degli 800 ai Giochi di Rio: Semenya, Nyonsaba e Wambui. La foto delle tre donne androgine fece il giro del mondo. Dopo domani la sentenza. Intanto, le organizzazioni per i diritti umani sono sul piede di guerra. Solo che hanno sbagliato assistito.

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