L o disse l'Avvocato Agnelli parlando del Belpaese: «Solo un governo di sinistra può fare le riforme di destra». Applicato al calcio, l'aforisma può diventare: «Solo un commissario può fare le riforme che servono al pallone italiano». E speriamo allora che sia la volta buona. Perché nel passato, altri interventi non hanno sortito alcun effetto e nemmeno risultati apprezzabili. La spiegazione è persino semplice: perché nel calcio attuale resistono interessi contrastanti all'interno della Lega di serie A, l'unica vera industria del settore che produce reddito (diritti televisivi) e che viene in parte ridistribuito dando ossigeno agli altri tornei oltre che al Coni. Mettere d'accordo club che hanno obiettivi opposti (gli uni, quelli metropolitani cui tocca competere con i rivali europei, gli altri, quelli medio-piccoli) è l'impresa impossibile a cui hanno inutilmente lavorato molti dirigenti. Anche Tavecchio ha provato, respinto con perdite. La maggiore esigenza del movimento calcistico è nota: bisogna imporre una dieta dimagrante alla serie A e serie B oltre che alla stessa Lega Pro poiché il paese e la sua economia non possono più reggere un numero così esagerato di società professionistiche.
La riduzione conseguente del calendario consentirebbe ai tecnici di lavorare meglio e di realizzare il vero investimento per il futuro che riguarda la creazione di accademie per potenziare il settore giovanile e di un campionato riserve per rendere competitive anche le panchine. Alla fine della prossima e tormentata gestazione, leggasi commissariamento, per vedere il movimento fuori dal tunnel, bisognerà puntare su figure che mettano insieme esperienza, competenza e non siano soltanto schiavi di uno statuto che assegnando il 34% dei voti alla lega dilettanti di fatto consente a quella organizzazione di essere l'ago della bilancia di elezioni e nomine. Basta dare un'occhiata agli assetti di Uefa e Fifa dopo gli scandali per capire quale sia la strada da battere. A Nyon e Zurigo hanno chiamato a raccolta un bel numero di campioni del passato dai quali ricevere idee, proposte e suggerimenti.
Qui c'è solo l'imbarazzo della scelta: per ispessire lo staff di Ancelotti sono circolati i nomi, qualificati, di Paolo Maldini e Andrea Pirlo. Non bisogna andare alla ricerca di maghi, a volte basta semplicemente guardarsi intorno.
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