Sfuma il torneo perfetto Il Setterosa si ferma contro un gigante nero

La Johnson, portierone degli Usa, sbarra la strada per l'oro all'Italia. Ma è argento vivo

Sfuma il torneo perfetto Il Setterosa si ferma contro un gigante nero

nostro inviato a Rio de Janeiro

Il torneo perfetto non esiste, forse è solo una chimera. Come un'isola perduta da qualche parte nel tempo o nello spazio. Ma non importa. Anche se non ci arrivi, anche se sulla tua strada trovi una mano nera benedetta dagli dei, ne è valsa comunque la pena, perché l'avventura è provarci fino alla fine, perfino quando tutti i segni sono contro di te e già si sente chi intorno parla di disfatta per un impietoso 12-5. Questo argento è pieno di forza e di coraggio, di tenacia, di sogni ad occhi aperti e di un viaggio senza rimpianti. Le più forti di tutte sono loro, le pallanuotiste degli Stati Uniti d'America, allentate da Adam Krikorian, mago della panchina che dal post-Pechino 2008 ad oggi ha messo in acqua una macchina tritatutto.

Non sempre si può vincere. Non c'è passato. Non c'è il ricordo d'oro di Atene 2004. Non esiste nulla se non quest'acqua azzurra, due porte, una palla, e il ritmo scandito in tribuna dagli spettatori, ogni volta che arriva una pausa e scatta la musica house, colonna sonora perenne di questa Olimpiade carioca. C'è solo questo e le braccia alzate e le gambe forti delle americane. L'oro passa da qui. Da quanto ti giochi questa partita attimo per attimo, perché non c'è voglia di pensare a ieri e non c'è tempo per pensare a dopo. La scommessa è capire se questa ultima sfida porta all'impresa imponderabile: giocare il torneo perfetto. C'è una linea sottile e amara tra l'oro e l'argento. È un soffio di vento. È una palombella che si stampa sul palo. Lo sa bene Tania Di Mario, che ad Atene c'era e aveva venticinque anni, con le stigmate del bomber. Fu lei a segnare il gol della vittoria contro la Grecia, dopo due tempi supplementari. Ma adesso questo non conta nulla: «Ho un'età che ormai mi commuovo facilmente. Ci meritiamo tutto questo, ma ancora non abbiamo fatto nulla. Sono fiera di essere il loro capitano, mi hanno regalato la possibilità di vivere un'altra volta un sogno».

È tutto in salita e la fortuna non aiuta. Le statunitensi ci provano e sfondano, le ragazze in calottina azzurra trovano gli spigoli, i rimbalzi sfortunati, i pali che tremano ma non lasciano passare nulla. Si va in apnea perché le avversarie sono solide, nuotano veloci, fanno massa e non lasciano spazi. Sono loro le prime a segnare. Si pareggia, ma nel primo tempo la luce è spenta. Si chiude il primo tempo con un quattro a uno a stelle e strisce che non lascia sperare nulla di buono. Arianna Garibotti non trova spazi e tempi, la marcano a vista e le poche volte che riesce a trovare uno spiraglio Ashleigh Johnson, un metro e ottantasei di altezza quasi insuperabile ci metto una mano potente. Ha solo 21 anni ma un carisma e una forza da veterana e sta chiudendo alle italiane la porta che conduce all'oro.

Le ragazze però non si arrendono e resistono aggrappandosi a qualsiasi zattera di speranza. Il secondo tempo si chiude con un cinque a tre. Ci tiene in piedi un difensore tignoso con la tentazione del gol. Roberta Bianconi trova quel terzo gol di forza, non guardando in faccia a nessuno, come chi butta giù a spallate una porta che non vuole saperne di aprirsi. Sugli spalti l'onda di Italia, Italia sale come un'onda che ci crede e va in risacca. Ci credi, ci credi ancora, anche sul sette a tre, quando la partita si sta spegnendo e l'Italia davvero non c'è più.

Poi la fine, Ashleigh Johnson para anche un rigore, sfiorandolo appena con il braccio, di Roberta Bianconi. È lì che capisci si può perdere senza rinnegare nulla. Non sarà l'ultima gara a convincerti che il torneo perfetto non esiste. Bisogna solo cercarlo meglio.

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