Si riparte Dopo il disastro nulla è cambiato

Si riparte Dopo il disastro nulla è cambiato

D ove eravamo rimasti? I fatti risalgono allo scorso mese di novembre, Italia fuori dalla coppa del mondo in Russia, vergogna, dimissioni, promesse, chiacchiere e distintivi. Lotti, ministro dello Sport, Malagò, presidente del Coni, Tommasi, capo del sindacato calciatori, e altri dieci, cento attori di quelle ore di depressione azzurra, hanno dimenticato le parole e anche i fatti. Il calcio italiano resta alla deriva, non è una questione di stile e di mentalità come qualche demagogo sostiene. Trattasi di struttura del sistema in tutte le sue componenti, politica, amministrativa, gestionale e, insieme, di una strategia totale.

Trascorsi quattro mesi da quei giorni che cosa è accaduto? Nulla, alcune nomination per la panchina azzurra, il tiro al bersaglio verso Gigi Di Biagio pure lui disponibile a farsi centrare, l'ennesima scelta gattopardesca, restando gli stessi ma facendo finta di cambiare tutto, una squadra di promesse e di premesse ma il resto? Il resto è niente. Niente calcio nelle scuole, niente riduzione della serie A a 18 squadre, niente rigore assoluto sui conti dei club, alcuni dei quali già collassati altri non meglio decifrabili, le due più illustri società, oltre alla Juventus, intendo Inter e Milan, nella nebbia, non meneghina, di investitori cinesi che non sono proprietari di nessun altro grande club europeo (e questo dovrebbe fare riflettere), la scomparsa, dalla loro storia, di Vicenza, Modena, Parma e Arezzo, il commissariamento del Foggia con l'arresto del presidente.

Questa è la cartella clinica di chi danza sul Titanic, sperando che il nuovo presidente della Lega, Micciché, sistemi, non si sa bene come, disavanzi disastrosi e ambigui.

Nell'attesa sono pronti tamburi e fucili per Di Biagio e la sua orchestra, dimenticando Prandelli e Ventura, ricordando appena Conte, per quel suo breve ma intenso viaggio europeo, ma divertendoci a leggere i partecipanti all'isola dei famosi cittì ma soprattutto le parole dei soliti saggi che tutto sanno e nulla hanno fatto, occupando ruoli istituzionali, perché questo nostro benedetto calcio ritrovi la concretezza e la bellezza dei favolosi anni. E dico, per evitare equivoci e vanaglorie, l'Italia di Enzo Bearzot o quella di Marcello Lippi.

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