Davide Pisoni
nostro inviato a Torino
Il derby vinto praticamente in surplace dalla Juventus è la risposta alla differenza macroscopica tra il campionato italiano e la Champions League. La Signora mata il Toro addirittura senza attacco perché perde di fatto dopo tre minuti Higuain ko in un contatto in area con Sirigu, si arrenderà dopo un quarto d'ora, e ritrova la copia sbiadita di Dybala solo nell'ultima mezz'ora dopo quaranta giorni di assenza. E con Mandzukic e Cuadrado in infermeria (quindi senza il reparto avanzato sulla carta titolare), Allegri la risolve con l'attacco tascabile e il falso nove anche se Douglas Costa non è Messi e nemmeno Mertens. Ma l'allenatore toscano che già si era inventato Alex Sandro titolare nei tre d'attacco, quindi il binario di sinistra affidato a due terzini, dirà poi che l'infortunio del Pipita è una di quelle complicazioni «che stimolano molto. Roba del genere fa bene a me e alla squadra». Così Allegri monta e smonta a piacere il giocattolo e ieri è stato stratega sopraffino e lucido. Il ko di Higuain viene risolto con Bernardeschi, a conferma che la panchina dà soluzioni in quantità. E l'ex viola, sempre più valore aggiunto, dopo il gol di Firenze manda in porta Alex Sandro con la giocata che vale tre punti pesanti.
E così la Juventus che si era ritrovata, nonostante due gol di vantaggio, con le spalle al muro contro il Tottenham, ha controllato in lungo e in largo il Torino nonostante l'emergenza. Anche perché per i granata, da Mihajlovic a Mazzarri è come passare dall'adrenalina eccessiva a una sorta di camomilla. E Belotti si spegne dopo otto minuti quando perde l'attimo davanti a Szczesny. Il Gallo non canta praticamente mai di fronte a Chiellini e a un Rugani finalmente senza timore. In più la Juve è tecnicamente pulita come non lo era stata in Champions, soprattutto perché Pjanic con due guardie al fianco fatica molto meno nel far girare palla e idee. Per capire di quanto si alzi o si abbassi l'asticella da una competizione all'altra, basta guardare le prestazioni di Khedira: in apnea martedì, inesauribile ieri.
Il Toro non l'ha messa sul ritmo, ha alzato solo l'intensità in qualche contrasto, ma ha fatto appena il solletico a una Signora che non si è fatta problemi a sporcarsi le mani, a usare le stesse armi dei cugini in un derby dalla mediocrità latente. «Bisogna prendere esempio dalla loro umiltà, a prescindere dai colori», dirà poi Mazzarri comunque anche lui timido nelle scelte iniziali, con il solo Iago Falque a supportare l'abbandonato a se stesso Belotti. Comunque al tecnico granata una sola cosa non è piaciuta dei suoi: «Il condizionamento mentale dopo il gol», frutto degli ultimi derby persi con il conto stagionale impietoso: tre ko con sette gol subiti e zero fatti. Dunque un Toro con un complesso d'inferiorità nei confronti della Signora. Nell'intervallo Mazzarri ha provato a scuotere i suoi anche con i cambi (Niang in particolare), però si è dimenticato ancora di Ljajic. Torino che nella ripresa ha avuto più paura di prendere il secondo gol (sfiorato tre volte da Dybala appena entrato) che non il coraggio di cercare il pareggio «e per come avevamo preparato la sfida, forse era meglio se Higuain fosse rimasto....» dirà il granata. E così la Juve centra la 9ª vittoria di fila in campionato (6ª senza subire gol) che scaccia le polemiche di coppa e lascia in eredità le botte di Higuain e Bernardeschi, (l'argentino in dubbio per l'Atalanta, l'ex viola preoccupa: si spera di recuperarlo per il Tottenham, ieri fermato sul 2-2 in FA Cup dal Rochdale, squadra di terza serie).
Resta in scia al Napoli che ha puntato tutto sullo scudetto. Max ci prova: «Hanno solo il campionato, saranno un pochino ossessionati da questa cosa». Nel duello vale tutto: anche mettere tarli nella testa della rivale.
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