di Tony Damascelli
L a Juventus è tornata, per un pomeriggio, a Villar Perosa, là dove, a metà dell'Ottocento, nacque il senatore Giovanni Agnelli. La tradizione voleva che nello stadiolo della val Chisone la squadra bianconera aprisse ufficialmente la propria stagione agonistica con una amichevole tra la prima formazione e le giovani promesse del vivaio. La tradizione voleva anche che all'evento partecipassero alcuni componenti della famiglia Agnelli, così Gianni, così Umberto, così Edoardo e, con loro, i massimi dirigenti. Costoro, gli Agnelli innanzitutto, dopo aver seguito la partita (allora almeno di 90 minuti e non questa sagra inutile sospesa dopo un'ora) rilasciavano parole di repertorio, comunque serene e promettenti per i tifosi e per la stampa che aveva libero accesso all'impianto ex Riv. Giovedì scorso erano tuttavia assenti John Elkann e suo fratello Lapo mentre la presenza di Andrea Agnelli ha ribadito la dinastia e il proprio ruolo.
Ma senza una sola parola, senza un solo commento, senza un cioccolatino da offrire al popolo dei tifosi, quello a bordo campo, quello che assisteva all'evento sul canale Juventustv o che ha atteso di leggere un pensiero sui vari quotidiani. Niente.
La Juventus ha nuove strategie di comunicazione, più aziendali che sportive, soprattutto irriverenti nei confronti dello stesso presidente, viste certe immagini di giovedì.
Villar Perosa è una memoria antica, come un santuario dove fare visita veloce, pensando ad altro.
Il resto, il ricordo con tutti quei cognomi pesanti, compresi Boniperti, Chiusano o Giraudo, è fastidioso, superato, ormai fuori dal tempo. Sarà così. Fino alla fine.Post scriptum: il silenzio è la forma più codarda di disprezzo.
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