«Sono in vetta e sono sano Ma ora vado a fare il papà»

Max ha annunciato il ritiro a Vallelunga dove tutto iniziò. "Lascio all'apice e senza infortuni. Voglio essere ricordato così. Quanto tempo ho rubato alla famiglia..."

nostro inviato a Vallelunga

Il Corsaro nero decide di chiudere il gas a 50 chilometri da Roma, in quell'autodromo di Vallelunga dove lo aprì oltre 20 anni fa. «Qui scoccò la scintilla quasi per scherzo in una giornata di sole, qui ho deciso di lasciare le gare e c'è di nuovo il sole. È stata magia allora e con un pizzico di magia oggi cala il sipario», dice con il sorriso Max Biaggi mentre annuncia il ritiro guardando la pista: «Ricordo che su questo rettilineo tiravo giù le gambe perché mi venivano i crampi...».

Dopo che a Magny Cours era arrivato il sesto titolo mondiale della sua carriera, il secondo con la Superbike, Biaggi ha fatto la scelta più dolorosa. «Non mi vedrete triste o con la lacrimuccia anche se è stato un parto difficile - sottolinea il pilota romano -. È stata la gara delle gare. Finito il Mondiale non ho mai smesso di pensarci, non avevo mai il coraggio di dire basta. Il quesito era: continuo ancora un anno e firmo il contratto che ha proposto l'Aprilia o smetto? Ho lasciato quel contratto sul tavolo, prima o poi dovevo vedere il film del mio ritiro in anteprima. Ho preso il toro per le corna, ma non è stata una decisione forzata perché ero nelle condizioni di poterlo fare. È bello gestire il proprio destino, è un privilegio che hanno in pochi. E poi non sono eterno».
Nessun rimpianto, dunque: «Ho avuto alti e bassi, ma la passione per questo sport non è mai venuta meno e ho sempre dato tutto me stesso in pista, con un'applicazione quasi maniacale. L'emozione è quando hai grandi aspettative e poi le realizzi o quando sei bravo a rialzarti dopo le difficoltà. Il mio punto forte sono state le prime volte: dal 1994 al 1998 ho sempre vinto le prime gare». A 41 anni con 63 vittorie e 61 pole position in 370 Gp disputati tra moto e Superbike è arrivato il momento di dire basta, «non come alcuni nostri politici che stanno attaccati alle poltrone fino a 160 anni, è giusto dare spazio ai giovani», scherza Max che si allinea alla «rottamazione» renziana, pur non volendo ispirarsi a ideologie o partiti.

«Smetto da vincente, voglio che i tifosi mi ricordino così. Mi ritiro da campione, all'apice della mia carriera», le parole quasi emozionate di fronte a papà, mamma, a telecamere e a taccuini di giornalisti amici, molti dei quali lo hanno seguito per anni in tutto il mondo. E tra gli amici c'è anche Fabrizio Frizzi, che rivela come una volta «invitato in Malesia da Max, mi dovetti improvvisare cronista perché la Rai non aveva inviati sul posto...».

La notte prima dell'annuncio, Biaggi confessa di non aver dormito. Tanto che il suo primo tweet della giornata arriva alle 6.10 del mattino, quando il suono della sveglia lo avverte di sbrigarsi per non perdere l'aereo che da Nizza (il pilota risiede da anni a Montecarlo, ndr) lo porterà nella Capitale. «È un'alba molto diversa per me. Niente sarà come prima», il cinguettio del campione che dopo un ventennio in giro per il mondo sta per cambiare vita. «Ora ci sarà spazio per un altro Max Biaggi che in pochissimi conoscono, uno più normale rispetto a quello che ha scritto belle pagine nella storia della moto. Mi dedicherò alla mia famiglia, alla mia compagna Eleonora (Pedron, ndr) e ai miei figli Ines Angelica e Leon Alexandre, non ho mai contato le ore che ho rubato loro, è tempo di recuperare». In attesa di proseguire il rapporto con la casa di Noale (come team manager?) con la quale ha vinto cinque dei suoi sei titoli iridati. «Come una bella ragazza, ci siamo presi e lasciati, ora continueremo a lavorare insieme in un'altra forma. Intanto non mi dispiacerebbe fare il commentatore tv...», dice a denti stretti, dovendo ritirare fuori la valigia.

Nessun messaggio al nemico-rivale Valentino Rossi dopo i tanti duelli verbali e in pista («questa è la mia giornata...»), preferisce scorrere come un libro fotografico chi è passato nella sua vita sportiva dal 1992 a Kayalami alla chiusura a Magny Cours («ne parlavo giusto ieri con gli amici, io cammino ancora sulle mie gambe, c'è chi è uscito di scena per infortuni o acciacchi...).

Ma prima di appendere tuta e casco al chiodo c'è ancora un impegno da onorare: «Ho già in mente l'appuntamento del 2 dicembre, il memorial Simoncelli a Latina con la motard». L'ultima foto in pista di una carriera infinita.

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