Un record, subito vanificato. Se è vero che nella stagione sportiva 2014-15 c'è stata una riduzione drastica degli avvicendamenti in panchina in serie A, è altrettanto indiscutibile che appena terminato il campionato si è scatenato un tourbillon di movimenti, non ancora completato. Soltanto cinque squadre (Cagliari tre volte, Atalanta, Cesena, Chievo e Inter) hanno cambiato il proprio allenatore nelle ultime 38 giornate di A. Sette esoneri, come nella stagione 2003/04, ben 11 anni fa. Poi, una volta decretata la fine del torneo, è cominciata una girandola di colpi di scena. Empoli, Fiorentina, Milan, Napoli, Sampdoria, Udinese le protagoniste. Sarri, Montella, Inzaghi, Benitez, Mihajlovic e Stramaccioni gli allenatori che hanno salutato i loro club. Sei squadre hanno già deciso di cambiare la guida tecnica, mentre almeno un paio, Roma e Torino, hanno ancora qualche piccolo dubbio a riguardo.
I sette cambi del 2014/15, comunque, sono pochi, soprattutto se consideriamo le dieci stagioni precedenti, nelle quali si era sempre andati in doppia cifra. Un'inezia se ci paragoniamo ai principali campionati europei: soltanto la Ligue 1 francese (3 cambi), tra gli otto maggiori tornei continentali, ha fatto meglio dell'Italia. Premier League e Liga spagnola, per dire, hanno avuto il doppio delle sostituzioni tecniche rispetto al nostro campionato. E, tra chi ha deciso di cambiare a stagione in corso, solo il Chievo, con Maran, ne ha tratto benefici evidenti. Mentre, da Iachini (Palermo) a Gasperini (Genoa), fino a Mandorlini (Verona) e Pioli (Lazio), chi ha rinnovato la fiducia al proprio allenatore anche in momenti complicati, a fine anno ha raccolto i risultati sperati. Casualità? No, ma sicuramente dovuta anche le minori possibilità economiche delle nostre società, sempre meno disposte ad avere 2/3 allenatori a libro paga.
Ora, se Colantuono (Udinese), Giampaolo (Empoli) e Zenga (Sampdoria) sono già certi del loro nuovo incarico, restano da definire le situazioni di Milan, Napoli e Fiorentina. Per rossoneri e azzurri la scelta è praticamente fatta: Mihajlovic attende infatti la conclusione della trattativa d'uscita di Inzaghi a cui è stata proposta la rescissione consensuale anziché l'esonero; per Sarri, salvo colpi di scena clamorosi, è tutto fatto. A Firenze il favorito è Paulo Sousa, con Donadoni, Prandelli, Ventura e Spalletti in seconda fila, mentre resterà da capire il futuro di Vincenzo Montella, che in questo "valzer" potrebbe rimanere senza panchina. Stessa sorte che probabilmente toccherà a Walter Mazzarri, ancora sotto contratto con l'Inter, ma tra gli "scapoli" di lusso nel delicato ruolo. Inzaghi e Stramaccioni, invece, se vorranno intraprendere una nuova avventura, dovranno farlo dalla Serie B: il Catania li ha contattati entrambi.
Ma cambiare ogni una/due stagioni, come fatto ultimamente dalle milanesi ad esempio, porta vantaggi? Le statistiche dicono che ogni allenatore dovrebbe avere tempo e diritto di lavorare in pace per ottenere risultati. L'esempio più eclatante ed estremo in questo caso arriva dall'Inghilterra. Sir Alex Ferguson ha impiegato tre anni e mezzo per sollevare il primo trofeo con il Manchester United (Coppa d'Inghilterra 1990).
Da quel momento, nei successivi 23 anni (1990-2013), ne ha vinti ben 38. Un caso? Può essere, ma se la presidenza avesse esonerato lo scozzese, lo United non avrebbe mai avuto il manager più vincente della storia del calcio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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