Da Surtees a Ghedina, da Rubini a Panatta alla scoperta dei «camaleonti» dello sport

Piloti, sciatori, cestisti, tennisti: quanti big protagonisti in discipline diverse

Andrea Bonso

Chi ha detto che chi nasce tondo non può morire quadrato? O meglio, parlando di sport, chi ha detto che chi nasce sciatore non può morire pilota automobilistico, calciatore o cestista?

Sfogliando il grande libro della storia dello sport, infatti, ci si può imbattere in molti grandi atleti che si sono contraddistinti in discipline differenti tra loro, alla ricerca di nuove emozioni e di stimoli diversi. Atleti che, in gergo, vengono definiti camaleonti.

Un esempio è il nostro Kristian Ghedina, ottimo sciatore negli anni Novanta (2 argenti e un bronzo mondiale), ma che, una volta appesi gli sci al chiodo, ha deciso di dedicarsi alle quattro ruote. Anche Luc Alphand, avversario sulle piste da sci di Ghedina, si è reinventato pilota e addirittura vinse l'edizione 2006 della Parigi-Dakar. C'è anche chi lascia da campione e poi, pure nel nuovo sport, vince. Caso emblematico è quello di John Surtees, l'unico pilota ad aver vinto il titolo iridato sia nel motomondiale (ben quattro volte), sia in Formula 1 (nel 1964). Storia simile è quella di Jaroslav Drobný, campione nel tennis (Roland Garros nel '48) che nell'hockey su ghiaccio (argento olimpico). Non tutti, però, sono stati così fortunati. Micheal Jordan lasciò i Chicago Bulls per cercare fortuna nel baseball. Tornò presto all'amato basket, in tempo per conquistare tre titoli Nba.

Altri atleti italiani protagonisti in più discipline sono, per citarne solo alcuni, Adriano Panatta, un grande del tennis azzurro (Roland Garros nel '76), che si tolse molte soddisfazioni nella motonautica, Dorina Vaccaroni, pluricampionessa nella scherma, passata poi al ciclismo, e infine Cesare Rubini, ex basket, sia giocatore che allenatore, ma anche pallanuoto, dove vinse un oro e un bronzo olimpico.

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