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La verità di Marotta: "Non c'era sostenibilità per l'affare Ronaldo"

L'ad: "Ma Agnelli fu coraggioso. San Siro? Serve stadio che crei utili e senso di appartenenza"

La verità di Marotta: "Non c'era sostenibilità per l'affare Ronaldo"

Sono passati sei mesi esatti. Allo Juventus Stadium, in diretta tv, Beppe Marotta vuotava il sacco, annunciando che la sua carriera era arrivata a un bivio dopo otto anni in bianconero. Con il passaggio all'Inter nemmeno un mese dopo, la gestione delle turbolenze nello spogliatoio, il mercato invernale e la questione Icardi, la madre di tutti gli intrighi. Ora un altro bivio, chiamato San Siro, dove restare o andarsene per sempre. Location azzeccata, per l'evento del Foglio, in cui decidere da che parte stare su un tema che divide in tanti: «Tutti parlano di struttura, ma io vado controcorrente» ha dichiarato Marotta «e scelgo uno stadio capace di creare intrattenimento, utili e senso di appartenenza. Questa necessità deve essere al primo posto, è significativo il fatto che in Champions, Inter-Barcellona abbia generato lo stesso incasso di Juventus-Manchester United, che aveva la metà degli spettatori».

Un discorso legato a doppio filo con la capacità di tornare competitivi e lottare ad alti livelli, soprattutto per chi non mette un trofeo in bacheca dal maggio 2011, quando alzò al cielo la Coppa Italia battendo il Palermo in finale: «Non basta solo mettere a posto i bilanci, bisogna anche vincere. Dopo così tanto tempo non è facile, l'Inter è una realtà reduce da tre cambi di proprietà. Come se fosse venuto meno il senso di appartenenza. Ma stiamo andando verso la giusta direzione e le premesse sono corrette».

Le parole arrivano da chi a Torino ha messo in bacheca sette scudetti, quattro Coppe Italia e tre Supercoppe italiane. Qualche settimana dopo, vederlo in tribuna mentre scattava in piedi per un gol della squadra interista ha dispensato sussulti, suscitando anche la reazione di Pavel Nedved. Il ceco lo ha accusato di non essere mai stato juventino e Marotta ha replicato: «Per me questa è una professione, io sono tifoso del gioco del calcio e sono innamorato di tutti i posti in cui ho lavorato».

A proposito di Juve l'a.d. ha raccontato anche qualche aneddoto legato alla sua ultima grande operazione, quella di Cristiano Ronaldo portato in bianconero, negando il fatto che lui fosse contrario: «Come a.d. della Juve sapevo che non c'era la sostenibilità economica per fare quell'operazione. Ne parlammo con Agnelli, lui con grande intelligenza disse lasciatemi qualche giorno di tempo per pensarci. Fu atto di grande coraggio di Agnelli, io non incidevo su questa operazione. Io avevo presentato un piano A senza Ronaldo, poi di fianco c'era quel tipo di operazione. L'ho conosciuto, mai visto uno con la sua cultura del lavoro nella mia vita».

È servita tutta l'esperienza della sua carriera per gestire invece la querelle Icardi, in vista di quello che riserverà il mercato estivo: «In certi momenti serve solo diplomazia e leadership, non creare tensioni o sbraitare.

Le decisioni vanno prese per il singolo, ho avuto a che fare anche con il figlio di Gheddafi in spogliatoio quindi l'esperienza non mi manca». In estate si vedrà, domani c'è la Lazio e l'obiettivo dei tre punti. Bisogna vincere, Marotta docet.

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