Zeman porta a Pescara una valanga di gol, Zico a Udine una festa senza lieto fine

Gli abruzzesi stendono il Genoa 5-0, i friulani riscoprono una bandiera

Zeman porta a Pescara una valanga di gol, Zico a Udine una festa senza lieto fine

La lettera iniziale del cognome, che li accomuna, è l'ultima dell'alfabeto, ma è solo un artifizio ludico, da Settimana Enigmistica. Rieccoli, Zeman e Zico, protagonisti ancora contemporanei di quel calcio che fa impazzire la gente e diventa arte. Per il tecnico è attualità pura, mica è un ex; per il brasiliano il ritorno a un passato indimenticabile.

E' bastato che il boemo, 70 anni a maggio, rientrasse a Pescara dopo 5 anni di latitanza per riaccendere il sacro fuoco del tifo e portare la squadra, ultima in classifica, a una impresa memorabile: prima vittoria sul campo, addirittura di goleada, senza neanche una rete al passivo. «E la condizione atletica non è granché», la stoccata al predecessore Oddo, collezionista di figuracce. In 4 giorni l'allenatore giramondo, che in 47 anni ha cambiato 28 panchine, ha rivoltato la squadra impartendo poche e semplici lezioni di calcio per velocizzare il gioco, sfruttare le fasce con le sovrapposizioni e difendere il più lontano possibile dalla rete. Per il Genoa, una tragedia greca. I suoi giocatori, che a fine partita hanno litigato di brutto con l'allenatore Juric, non ci hanno capito niente. La mano di Zeman s'è vista subito, e non è la mano di Dio, ma quella d'un tecnico che ha avuto il torto di vivere il calcio in maniera fin troppo coraggiosa e avveniristica, come se ogni partita fosse una entità a se stante e non dovesse fare i conti con i riflessi della classifica. Chissà se, alla guida del Pescara che non è un clone del Real Madrid, lo vedremo più dedito alla difesa. L'approccio è stato promettente. La riprova al Bentegodi con il Chievo. Con una vittoria, potrebbe dare un minimo di sostanza alle residue speranze di salvezza.

Quasi in contemporanea Zico, 64 anni a marzo, un poco in sovrappeso, ha vissuto tre giorni da favola nella sua Udine dove il sindaco Honsell gli ha consegnato il sigillo della città. Per i tifosi l'idolo di sempre con tanto di standing ovation nella rinnovata Dacia Arena. E pensare che il brasiliano ha disputato solo una grande stagione con la squadra friulana, nel 1983-'84, segnando 19 gol, uno solo in meno di Platini, re dei cannonieri. Poi un malanno ne ha ridimensionato le prestazioni nel successivo campionato, concluso con appena 3 centri all'attivo. Ma Zico è rimasto tale nell'immaginario dei tifosi quasi che le sue imprese non risalissero ai mitici anni 80. Il suo ritorno "a casa" è stato voluto dalla famiglia Pozzo che l'ha promosso ad ambasciatore d'un club privo di bandiere.

«Troppo trading, troppi stranieri», il rimprovero dei tifosi senza anelli al naso, amareggiati per il ko con il Sassuolo. Che sia il benvenuto, Zico, se servisse per riportare l'Udinese alla sua gente e al suo territorio.

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