Roma

Sprechi e disagi: ora i romani scendono dal bus

Una relazione dell’Authority evidenzia una diminuzione del 25 per cento degli spostamenti a bordo dei mezzi pubblici

Rita Smordoni

Sprechi e inefficienze del trasporto pubblico capitolino: per il presidente della Federazione romana di An, Vincenzo Piso, e il consigliere comunale di An, Giacomo Vizzani, le ragioni della disaffezione dei romani verso il mezzo pubblico, che spinge sempre più persone a scendere dall’autobus e a tornare all’auto privata, alle due ruote, alla bici e perfino a percorrere lunghi tratti a piedi, è da ricercarsi negli errori di programmazione e di progettazione dell’Atac. «Una relazione dell’Authority - hanno affermato ieri i due esponenti di An - ha evidenziato, dal 1996 ad oggi, un decremento degli spostamenti dei romani sui mezzi pubblici di trasporto del 25 per cento, un incremento dello spostamento sulle due ruote pari al 12 per cento e un incremento della gente che si sposta a piedi del 30 per cento». I consiglieri comunali hanno anche analizzato dati e fornito documenti riguardanti gli sprechi nel trasporto locale avvenuti negli ultimi 6 anni, a fronte delle continue richieste di risorse finanziarie da parte dell’amministrazione comunale al Governo nazionale.
Le prime a finire nel mirino di Piso e Vizzani le linee J, adibite a trasporto turistico durante il Giubileo, all’epoca della giunta Rutelli. «L’azienda - ricorda Piso - comprò 60 autobus, spendendo 70 miliardi delle vecchie lire, e li dette in gestione ai privati. Nel giro di pochi anni, le 9 linee del trasporto turistico si ridussero a 3, fino a scomparire. Gli autobus finirono in fondo alle autorimesse di Trambus, ridotti a rottami per mancanza di manutenzione». Piso punta il dito sull’operazione Atac-Erg, costata all’amministrazione comunale 400 miliardi di vecchie lire, che ha portato a continue inefficienze nel sistema di obliterazione. «Una lettera riservata di Calamante - spiega il presidente di An - testimonia il fallimento del sistema di obliterazione, che pure è stato riacquistato recentemente per 27 milioni dal Comune, nonostante non riesca a dare all’utenza il servizio auspicato». Un altro capitolo degli sprechi è il parcheggio di scambio di Cornelia, nel XVIII municipio, costato 35 milioni di euro e recentemente chiuso. Dubbi e riserve anche sull’elettrificazione della rete intrapresa dall’amministrazione capitolina e costata finora 60 milioni: «Un’informativa di Trambus testimonia che nei primi 7 mesi di esercizio il filobus ha registrato più di 2mila guasti e che la rimessa di Montesacro, dove sono depositati solo filobus, conta il numero maggiore di guasti del parco macchine, con il 30 per cento delle vetture ferme». I dati in possesso dei consiglieri capitolini testimoniano che il 36 per cento dei jumbo-bus da 18 metri è fermo per guasti, mentre ben 78 tram Roma 1 e Roma 2, acquistati alla fine degli anni ’90, hanno presentato nel corso degli anni seri problemi meccanici. Due tram, inoltre, lunghi 42 metri e costati 3 miliardi e mezzo di lire l’uno, non sono mai entrati in esercizio perché troppo lunghi.
Pollice verso anche per la metro C, nella tratta da Pantano a Grotte Celoni: «Uno studio testimonia che non serve a nulla, poiché caricherà solo 6mila passeggeri l’ora, in quanto sullo stesso tratto insiste già il trenino della linea Pantano. Servirebbe, invece, prolungare la metro B1 fino a Fidene e Bufalotta, quartieri tra i più popolosi di Roma, con traffico elevatissimo, ma quest’esigenza è stata scartata dall’amministrazione comunale». Ultimo capitolo, i conti. «Il bilancio di Atac al 31 dicembre 2004 - sottolinea Giacomo Vizzani - riporta una perdita di esercizio di 128 milioni di euro, peggio del 2003 (103 milioni). È il frutto di una cattiva gestione, di scelte programmatiche sbagliate che producono effetti sul bilancio. L’Atac ha fatto minori ammortamenti per 15 milioni, il che è consentito dalla legge solo in certe situazioni che francamente non ricorrono in questo caso. Ma se non l’avesse fatto, la perdita sarebbe stata di 143 milioni. Minori ammortamenti, e aumenti di capitale sociale ogni anno, sono manovre tattiche che possono valere se servono a mettere a regime un sistema, ma questo non è accaduto.

Una soluzione alternativa - conclude Vizzani - potrebbe essere stabilire una tassa di soggiorno per i turisti, e magari offrire loro in cambio il trasporto pubblico gratuito».

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