A nemmeno ventiquattr'ore dalla polemica che ha investito la figlia del sindaco Vincenzi, Malvina Marchese, sulla sua presunta «intrusione» nella riorganizzazione del Carlo Felice, arrivano le sue dichiarazioni. «Non ho ricevuto alcun incarico da mia madre, è ridicolo che si possa pensare una cosa del genere. Anzi, a questo punto denuncio anche di aver ricevuto una lettera minatoria che mi intimava di non immischiarmi nelle faccende del teatro. Disgustoso. La semplice verità è che ho tanti amici in orchestra, se mi hanno visto a teatro è perché sono andata semplicemente a salutarli». La questione già ieri sembrava accantonata, mentre in tema teatro i toni sono tornati ad accendersi.
Il commissario straordinario Giuseppe Ferrazza ha presentato in Sala Rossa una relazione sulle condizioni del Carlo Felice, a partire naturalmente dalla delicata situazione economica. Il fulmine a ciel sereno è la notizia che la stagione, presentata lo scorso 10 dicembre e programmata per l'intero anno solare, è in realtà coperta fino al 22 giugno. Vale a dire poco più della metà del cartellone. E dopo? "Non voglio nascondere che mancano almeno tre milioni di euro per arrivare a fine anno; un buco non indifferente, che cercherò in parte di colmare con contributi statali e confidando come sempre nell'aiuto degli enti locali e soprattutto di privati. Quel che è certo, è che mi impegnerò per non lasciare a chi verrà dopo di me tutte le gatte da pelare».
Già, perché entro maggio il commissariamento dovrebbe concludersi, con l'insediamento di un nuovo cda e la nomina di un sovrintendente, che erediterà poche gioie e tanti dolori. Visto peraltro che lo stato patrimoniale del teatro è in deficit di almeno dieci milioni di euro: certo, si sa, un teatro dell'opera non è quasi mai in attivo, ma ciò non toglie che la situazione sia critica; del resto nemmeno dall'imminente decreto legge sulle fondazioni liriche si aspettano grosse novità. Ma tiriamo le somme sull'operato di Ferrazza e dei suoi collaboratori. Prima di tutto, la chiusura dell'amara questione fondo pensioni, spina nel fianco particolarmente dolorosa durante tutto lo scorso anno; poi la chiusura di bilancio in pareggio nonostante le scarsissime risorse, tagliate di almeno cinque milioni di euro rispetto all'anno precedente; infine il successo di pubblico ottenuto con «Rigoletto», «La Vedova Allegra», il recente concerto di capodanno, che hanno visto un record di presenze, soprattutto tra i giovani. Tutte realtà positive e indiscutibili su cui è unanime il consenso, ma con qualche riserva sull'aspetto qualitativo, che continua ad essere il pomo della discordia tra chi ben conosce l'opera e chi invece vi si avvicina per la prima volta; vale a dire tra chi, si spera, verrà ancora a teatro e chi purtroppo già non viene più. Sarebbe un errore restare indifferenti di fronte alla perdita del vecchio pubblico, non melomane e ottuso, ma competente e, a diritto, esigente.
E allora ben vengano i cast di giovani artisti, meno costosi e quindi preziosi in questo momento economicamente difficile, ma oltrechè giovani devono essere adeguati: non è questione di gusto, la tecnica e la preparazione vocale sono fattori oggettivi e la scelta degli interpreti è del resto una professione ben precisa. Esercitata male, evidentemente, in occasione degli ultimi spettacoli.
Che piaccia o no, l'arte non si misura (solo) con gli applausi, anche se riempiono il botteghino.
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