Gian Maria De Francesco
da Roma
Romano Prodi, anzi il «Prodino», è già stato rottamato. Lesito incerto della consultazione elettorale ha convinto larga parte della stampa più vicina al centrosinistra a considerare superato il pletorico programma di governo dellUnione e a richiamare la nomenklatura su alcuni temi caldi se non a dettare lagenda politica di una grosse Koalition.
Come ha fatto Il Riformista in edicola ieri con un editoriale di Emanuele Macaluso. «Direi che anche Prodi è uno sconfitto perché con una campagna elettorale sbagliata ha consentito la rimonta del Cavaliere». E oggi il quotidiano diretto dal neosenatore Dl Antonio Polito rincara la dose. «Il dialogo è obbligato per il centrosinistra e necessario per il Paese», recita il giornale leftist. «Adesso - aggiunge - Prodi può dettare le condizioni, domani potrebbe essere costretto a subirle». Ma quali sono le condizioni? Tre sono rivolte alla Cdl, una allUnione e una è neutra: il Ciampi-bis o unaltra figura istituzionale e condivisa al Quirinale. La Cdl dovrebbe accettare un passo indietro di Berlusconi, una ritirata strategica su riforma costituzionale e legge elettorale oltreché mandar giù una nuova legge sul conflitto di interessi impostata sul blind trust alla Mario Draghi. LUnione e i suoi pasdaran dovrebbero accantonare «lintenzione di affossare la legge Biagi» oppure la riforma delle pensioni per tener dietro all«emergenza primaria» dei conti pubblici e del rilancio economico.
Le valutazioni del Riformista si originano da due articolesse, a firma di Edmondo Berselli e di Gianpaolo Pansa, sullEspresso. Per Berselli, «mentre Berlusconi parlava a un Paese reale, Prodi e lUnione avevano in mente un Paese largamente immaginario». Secondo Pansa, uno dei tanti errori dellUnione è stato «accentuare il connotato peggiore del centrosinistra, ossia la sua scarsa omogeneità politica». Consiglio finale: «Romano, fai il Caimano!».
Non meno duri i quotidiani comunisti. «Sarebbe un errore spacciare per successo politico la risicata vittoria elettorale del centrosinistra», ha scritto il direttore del Manifesto, Gabriele Polo. Obbligatorio uno smarcamento deciso, di sinistra. «Sulla politica estera, sulle scelte sociali, sui nodi delleconomia e del lavoro, sul vivere civile, su tutto questo è necessario uno scarto».
Meno radicale il commento della bertinottiana Rina Gagliardi su Liberazione.
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