Come «stanare» i ricchi tagliando le tasse

Claudio Borghi

Per una volta non voglio criticare, ma proporre: ovviamente cose antipatiche e impopolari perché per le promesse e le ovvietà altri hanno già dimostrato un’abilità senza pari. Partiamo da un dato di fatto: l’Italia delle dichiarazioni dei redditi ci restituisce un Paese dove milioni di persone dichiarano redditi prossimi allo zero e il ricco dichiarato non esiste. Cominciamo col risolvere il problema del falso povero: misure di detrazione fiscale non funzionano perché vengono ripartite a pioggia su veri bisognosi, evasori e coniugi di benestanti, diventando inutili mance di pochi euro, oltre a non aiutare minimamente i cosiddetti incapienti, vale a dire coloro che hanno un reddito talmente basso da essere già esentati da tasse.
Ebbene, perché non sostituire tutte le inefficaci misure attuali con «veri» e corposi assegni di sostegno ma con inversione dell’onere della prova per ottenerli? Per ottenere l'assegno basta firmare un foglio dove, con pene severissime in caso di falso, si dichiara di non possedere come nucleo famigliare terze case, auto di lusso, holding estere, barche, redditi e rendite di altro tipo. Antipatico? sì, ma consentirebbe di far arrivare aiuti veri e più mirati a chi ne ha davvero bisogno e di abbassare le tasse a tutti gli altri con dichiarazioni «medie». Arriviamo adesso al ricco inesistente: le persone che hanno dichiarato più di duecentomila euro sono circa cinquantamila, vale a dire che la probabilità che avete di incontrare uno di costoro rispetto ad un italiano «generico» è meno di una su milleduecento. Giusto per capire, è più o meno la stessa probabilità che il proprio figlio nasca il 29 febbraio o che accendendo a caso il televisore in un giorno qualsiasi ci sia la cerimonia di apertura delle Olimpiadi in diretta. Eppure con meno di centomila euro netti non si possono comperare né barche né auto di lusso né appartamenti grandi, e secondo me tutti noi conosciamo qualcuno che possiede qualcuna di queste cose: è quindi evidente che se il ricco dichiarato non esiste non significa che il ricco effettivo non ci sia. Dire che lo si stanerà con le manette, con i controlli e con la severità è abbaiare alla luna.
Visco e la sinistra sono stati al governo per cinque anni dal 1996 al 2001 e dopo cinque anni di severità gli italiani che dichiaravano più di 500mila euro erano solo quattromila, calciatori compresi... quindi la probabilità di incontrarne uno rispetto ad un italiano «normale» era di gran lunga inferiore a quella di fare un terno secco al lotto. Alla luce di questi dati, stupisce come alcuni economisti come il professor Boeri si domandino come mai non è stata alzata l’aliquota marginale in modo tale da «punire» questi eroi della dichiarazione: sarebbe come aprire la caccia al panda, i Verdi voterebbero contro.
Il fatto che il ricco dichiarato non esista è uno scandalo, ma anche una grossa opportunità che Tremonti aveva correttamente intravisto realizzando anche qualche iniziale risultato: se si abbassasse ad esempio drasticamente l’aliquota marginale per i redditi sopra i 500mila euro portandola al 25%, a fronte di nessun rischio per il gettito (la parte dichiarata non c’è) si potrebbe attirare un enorme reddito occulto, perché diventerebbe più conveniente dichiarare tutto piuttosto che fare il pendolare verso il Lussemburgo. Se ad esempio Schumacher (che è pur sempre un dipendente Ferrari) avesse trovato conveniente pagare le tasse in Italia, pur con una «iniqua» aliquota al 25% avrebbe versato al nostro erario una cifra prossima ai 15 milioni di euro all’anno. Iniquo ma ci si fa un ospedale.

Pensiamo poi a George Clooney e ai tanti altri innamorati del nostro Paese che sarebbero lieti di pagarci fior di tasse se gli convenisse. Non è morale? Non è «giusto»? Favorisce Berlusconi (anatema!)? Può darsi... Discutiamone.

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