Standard & Poor’s boccia la sanità del Lazio

Antonella Aldrighetti

Crediti e risorse economiche regionali nell’occhio del ciclone visto che i margini di manovra e quindi di rientro, stanno diventando sempre più risicati. E così la finanza laziale non può che «languire». L’ultima batosta alla gestione politica della giunta Marrazzo è arrivata dalle agenzie di rating con la bocciatura dell’operazione di cartolarizzazione dei crediti sanitari e, contestualmente, il credit watch negativo decretato da Standard and Poor’s. Vale a dire che oltre alle preoccupazioni per una mancata strategia di rientro del deficit sanitario sull’ammontare di circa 4 miliardi di euro, si fa sempre più pressante l’incubo del rischio insolvenza sulle passività. Con la certezza che le ripercussioni saranno spiacevoli da sopportare soprattutto per una certa categoria di creditori: quelli della sanità convenzionata. Idee chiare che determinano un quadro strutturale della gestione del Lazio che rappresenta quanto «il presidente Piero Marrazzo sia arrivato al capolinea visto che, le dichiarazioni divulgate negli ultimi quindici giorni risultano contraddittorie e superficiali rispetto a quegli annunci precedenti per concretizzare il controllo sugli sprechi. A evidenziare la falla sull’incertezza di coordinamento, dopo quattordici mesi di governo Marrazzo, è proprio l’indicazione di Standard and Poor’s». È una schematica sintesi che fa Cesare Cursi (An) vicepresidente della commissione Sanità del senato e già sottosegretario alla Salute nel governo Berlusconi che sostiene la priorità di misure congrue al risparmio delle risorse finanziarie evitando sforbiciate inutili come quella del ticket.
Vediamo quali. «Prima fra tutte la creazione di una centrale unica d’acquisto regionale - afferma - che consenta a tutte le Asl e le aziende ospedaliere di accedere a prodotti e servizi a costi standard formulati su richieste economicamente più vantaggiose. Anche questa scelta - precisa il senatore - farebbe parte della politica dei controlli piuttosto che di quella del rigore che invece sembra andare per la maggiore. Non bisogna depauperare i servizi da offrire ai cittadini come potrebbe avvenire invece, senza una pianificazione dell’offerta ospedaliera e ambulatoriale ma, varare interventi che possano rendere possibile la riconversione di piccole strutture ospedaliere in ambulatori superattrezzati che farebbero fronte alle necessità dei pazienti che continuano a patire le inefficienze di liste d’attesa ormai bibliche». E l’esponente di An porta pure l’esempio concreto sulla mancata programmazione sanitaria: è riferito al territorio di Guidonia, Monterotondo, Mentana dove vige la necessità di potenziare le strutture presenti perché «di fronte a un bacino d’utenza di circa 500mila abitanti non si può attendere oltre per la ristrutturazione di presidi ambulatoriali all’avanguardia». Già così dovrebbe essere, non solo a Guidonia, ma su tutta la regione eppure la giunta Marrazzo da un lato non smentisce la chiusura di 5mila posti letto in poli ospedalieri pubblici e, dall’altro, annuncia di volerne aprire altri 3mila in novelli nosocomi. Quale delle due strategie sarà più attendibile? Cursi non ha dubbi: «Si seguono logiche isteriche.

Quando invece, si entra nei dettagli degli indicatori economici, balza il dettato dell’agenzia di rating che mette a repentaglio il pagamento dei fornitori di beni e servizi del sistema sanitario regionale. Un grosso problema che potrà coinvolgere la sanità convenzionata a tutto tondo. Dal pagamento delle prestazioni agli stipendi degli operatori sanitari».

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