È stato visto da una famiglia in gita

Protesta l’avvocato difensore: la Procura ha annunciato più di un testimone. Non ascoltato il pescatore che avvistò zii e nipote al lago d’Iseo

È stato visto da una famiglia in gita

Nostro inviato a Brescia

Un papà e il figlio tredicenne in gita sul passo del Vivione. Sono loro i testimoni che incastrano Guglielmo Gatti, il nipote dei coniugi Donegani arrestato con l’accusa di avere ucciso la coppia. Soltanto uno di loro, il ragazzo, avrebbe visto in faccia l’uomo. Il padre invece ricorderebbe l’auto, una Punto di colore blu elettrico. Fine degli elementi a carico di Gatti.
L’avvocato Luca Broli conferma che il provvedimento di fermo firmato giovedì dai magistrati di Brescia dice che «più di una persona» avrebbe visto il suo assistito. Queste persone sono soltanto due, le accuse si basano sulle dichiarazioni di padre e figlio, null’altro. Nel provvedimento non appaiono i nomi dei testi, né il giorno e neppure l’ora in cui la famiglia in vacanza si sarebbe imbattuta nel presunto assassino. La Procura tiene ben coperte le sue carte e cala sui testimoni-chiave un sipario di mistero.
Gatti sarebbe stato visto sulla strada del Vivione tra la bresciana Val Camonica e la bergamasca Val di Scalve, la statale lungo la quale sono stati trovati i resti straziati di Aldo e Luisa Donegani. Un ottovolante strettissimo con rari slarghi. Quando due auto si incrociano, una deve fare retromarcia fino a trovare una piazzola per lasciare passare l’altra. È successo anche alla Punto blu di Gatti e alla vettura della famigliola: il papà alla guida, il ragazzo a fianco, la mamma seduta dietro. La donna non ricorda nulla, né il mezzo né la faccia tonda dell’uomo ora chiuso in carcere.
I tornanti, le strettoie, le auto muso contro muso: Gatti in discesa, i bresciani in salita. Quasi un incidente, secondo il ragazzo. Il papà ricorda il modello del veicolo che l’ha costretto a fare manovra; il figlio ha tutto il tempo per fissare il volto del guidatore. Un viso stravolto dalla tensione, difficile da dimenticare.
Pochi giorni dopo quei lineamenti appaiono alla tv, una delle tante interviste date in queste settimane da Gatti. Il ragazzo sollecita il padre e la mattina dopo i due vanno a denunciare la circostanza. La deposizione convince gli inquirenti a indirizzare le ricerche dei corpi verso gli ultimi chilometri della statale 294. Ieri mattina, quando gli uomini del soccorso alpino ritrovano i cadaveri fatti a brandelli in fondo a una scarpata proprio sotto la strada del Vivione, la procura dispone il fermo.
Non è nemmeno stato convocato a palazzo di giustizia, invece, un pescatore del lago d’Iseo e volontario della protezione civile, Remo Bonetti, conosciuto come cercatore di persone scomparse. Bonetti ha raccontato ai Pm di aver visto tre persone che sembravano i Donegani e il nipote verso le 11 di sabato 30 luglio, il giorno della scomparsa dei coniugi.

Dalla barca in mezzo al lago ha notato strani movimenti a riva: «Ho preso il binocolo, ho visto una coppia, lui alto, lei piccolina, osservare una lapide lungo la strada Vello-Toline e poco distante un uomo sulla quarantina. Dopo una mezzora mi sono avvicinato alla riva e ho visto solo il giovane, molto somigliante a Gatti. Era in stato confusionale, sembrava vomitasse».

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