Storia d'assalto

Il "miracolo" che salvò Federico il Grande

1759 e 1762: due volte Federico II di Prussia fu salvato dal fato durante la Guerra dei sette anni. E poté così difendere Berlino e il suo regno

"Battaglia di Hohenfriedberg, Attacco della Fanteria prussiana", di Carl Röchling
"Battaglia di Hohenfriedberg, Attacco della Fanteria prussiana", di Carl Röchling

Prussia, anno del Signore 1759: Federico II di Prussia è un sovrano sconfitto e prossimo al tracollo. Russi e austriaci assediano il suo Stato, la capitale Berlino rischia una doppia offensiva convergente, il sovrano ha visto il suo esercito dimezzato. Nel pieno della Guerra dei Sette Anni scoppiata per le dispute austro-prussiane per la Slesia la Prussia era vicina al completo annientamento e l'antico Ducato di Brandeburgo promosso a regno invaso nel pieno del suo territorio.

Sconfitto a Kunersdorf il 12 agosto 1759, forte di un esercito che si era dimezzato a meno di 20mila uomini e poté essere rimpinguato a 30mila solo grazie alla milizia territoriale, Federico II era arrivato a considerare l'ipotesi di cercare la "bella morte" qualora russi e austriaci avessero assediato Berlino. Ma Vienna e San Pietroburgo divergono sull'obiettivo strategico. Temono la battaglia campale diretta, si ritirano e non passano l'Oder. La capitale è salva, Federico può riorganizzare le sue truppe e dare vita a quel sentimento militare prussiano che sarebbe stato per un secolo il motore dell'unificazione tedesca.

Federico II si sentì come "miracolato" e riorganizzò le truppe. Il sovrano l'anno successivo riuscì a colpire gli eserciti austriaci divisi dalle colonne russe battendoli nella battaglia di Torgau in dicembre. Il sostegno inglese via mare garantì rifornimenti di armi, ma l'anno successivo la caduta di Kolberg, unico porto del sovrano, aprì una nuova fase di disperazione per Federico II. A cui favore però intervenne una nuova fatalità. Nelle prime settimane del 1762 un'acerrima nemica di Federico, la zarina Elisabetta, morì. Il trono dei Romanov passò al suo successore Pietro III, in passato principe e diplomatico che aveva conosciuto il re di Prussia e non desiderava il suo annientamento. Con le truppe russe alle porte di Berlino, Pietro III aprì trattative con la Prussia. Il trattato di pace firmato a San Pietroburgo il 5 maggio 1762 dal cancelliere russo Michail Illarionovič Voroncov e dall'inviato prussiano barone Wilhelm Bernhard von der Golt sanciva la restituzione alla Prussia dei territori occupati da San Pietroburgo in cambio di un impegno della casata di Brandeburgo a non attaccare l'impero zarista. In più la corte dei Romanov guidò la mediazione con la Svezia, che firmò due settimane dopo il Trattato di Amburgo.

"Ogni mia balla di fieno, sacco di soldi o lotto di reclute possono giungere solo per gentile concessione del nemico o per sua negligenza", scriveva Federico II nel suo diario poco prima di questo evento da lui considerato un secondo miracolo. L'evento fu un game-changer nella guerra. Pietro III arrivò a paventare un ribaltamento delle alleanze contro l'imperatrice d'Austria Maria Teresa, ma fu assassinato pochi mesi dopo l'ascesa al trono nella congiura indetta dalla futura zarina Caterina II.

A luglio, a Burkesdorf, Federico II sconfisse e fermò gli austriaci. La guerra scivolò dal rischio-disastro a una sostanziale impasse. Risoltasi l'anno dopo, per la debacle francese contro gli inglesi nelle colonie, in un negoziato complessivo che costituiva un vero e proprio spartiacque nel Trattato di Parigi. Federico conservava la Prussia integra, manteneva la Slesia e soprattutto fu riconosciuto come sovrano di valore da Maria Teresa e Caterina II. Con le quali, nove anni dopo, operò la spartizione di un terzo della Polonia, atto d'inizio dell'espansionismo orientale della Prussia. Federico II, memore dell'esperienza bellica, andò riorganizzando la Prussia come Stato-caserma, militarista e assertivo. Per tutti sarebbe stato "Federico il Grande", primo padre della Germania un secolo in anticipo su Bismarck che evitò che potenze esterne finissero per cancellare il regno futuro unificatore del Paese dalle carte geografiche.

La sua memoria sarebbe arrivata ai drammatici giorni del "Crepuscolo degli Dei" nel 1945. Adolf Hitler invocò un nuovo "miracolo del Brandeburgo" quando, con i russi alle porte di Berlino, il 12 aprile 1945 gli giunse la notizia della morte di Franklin Delano Roosevelt, presidente degli Stati Uniti. Molti gerarchi nazisti, da Joseph Goebbels a Heinrich Himmler, pensavano che la morte di Roosevelt potesse aprire a un rovesciamento di fronte anticomunista e unire occidentali e nazisti contro Stalin. Una prospettiva irrealizzabile a cui solo i tedeschi vicini al redde rationem potevano credere.

La storia andò come sappiamo: Berlino occupata, la Germania nazista debellata, Hitler suicida nel suo bunker, Goebbels Fuhrer per un giorno prima di seguirlo dopo aver ucciso i figli assieme alla moglie Magda, Himmler ultimo a togliersi la vita dei tre dopo l'arresto ad opera degli Alleati e l'estremo tentativo di presentarsi come baluardo anticomunista. Nel nibelungico "Crepuscolo degli Dei" i nazisti si rivolsero a Federico il Grande, padre di un militarismo che moriva col Terzo Reich.

Il quale, spingendolo alle estreme conseguenze, aveva distrutto l'eredità del Miracolo del 1759-1762 che aveva salvato la Prussia.

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