
La prima eliminazione "High-Value" della storia americana inizia a Pearl Harbor? Non è un segreto che gli Stati Uniti conducano, già da prima dell'inizio della lotta al terrorismo, delle missioni particolari. Speciali in un certo senso, con obiettivi selezionati, spesso braccati e colpiti attraverso i aerei o droni armati.
Queste missioni, note come "Hunter killer mission”, consistono nella ricerca e nell'eliminazione di obiettivi considerati come “target di alto valore”. Figure fondamentali nella catena di comando di una formazione avversaria. Obiettivi da eliminare con la massima priorità, spesso da alta quota: leader dell'Isis nel Siraq, comandanti talebani, e via dicendo. Si potrebbe però dire, senza voler riscrivere la storia, che una delle prime missione di questo tipo, se non proprio la prima in assoluto, è stata pianificata nel 1943, quando la decifrazione di un messaggio in codice giapponese bastò a condurre una coppia di aerei da caccia appositamente preparata come “squadra di eliminazione”, sulla rotta di uno dei nemici giurati degli Stati Uniti d’America: I’ammiraglio della Marina Imperiale giapponese Isoroku Yamamoto, la mente dietro l’attacco aeronavale che colpendo la base di Pearl Harbor il 7 dicembre 1941, il giorno che è passato alla storia come “il giorno dell’infamia” e che trascinò l’America in guerra, sebbene fosse già ben conscia della "minaccia incombente".
Intelligence acquisisce un obiettivo "High value”
Erano le prime ore del mattino del 14 aprile del 1943, ora hawaiana, quando un messaggio in codice dalla Marina imperiale giapponese proveniente da Rabaul, Nuova Britannia, venne intercettato dalle stazioni d'ascolto che facevano capo alla marina americana nel complesso e sconfinato fronte del Pacifico. Il messaggio, che era stato attenzionato dai decifratori di codici americani per la quantità di destinatari, venne decifrato dai crittografi che erano riusciti a violare i codici segrete giapponesi già al preludio della battaglia delle Midway - scontro dove fece la vera differenza - e il lavoro degli analisti condusse alla decifrazione che svelava un’informazione della massima importanza: il capo della marina giapponese, ammiraglio Yamamoto, lo stratega che aveva inflitto il durissimo colpo al nemico americano, si sarebbe recato sull'isola di Bougainville per visitare la guarnigione e “tirare su il morale alle truppe”. L'itinerario di Yamamoto prevedeva una tratta in una base aerea intermedia, situata sull'isola di Ballale, e il suo arrivo era previsto per un’ora precisa il 18 di aprile. Quattro giorni dopo l’intercettazione del messaggio.
Ben consci dell’importanza dell’informazione che avena tra le mani, e dell’occasione che gli si presentava , gli americani pianificarono con l'approvazione dell'ammiraglio Chester Nimitz, una missione di eliminazione per abbattere l'aereo su cui avrebbero viaggiato Yamamoto.
Un'operazione chiamata “Vendetta"
Nel 1943 gli americani avevano già il controllo dell'aerodromo di Henderson sull'isola di Guadalcanal, intercettare il volo di Yamamoto era possibile, ma non poteva essere condotto dai F4f Wildcat e dai più moderni F4u Corsair della Us Navy o dei Marines. Pur dotati di serbatoi supplementari, nessuno di questi caccia avrebbe raggiunto l'autonomia necessaria per raggiungere il punto di intercettazione designato.
Gli unici caccia in grado di raggiungere una simile autonomia erano i P-38 Lightning dell'Us Air Force. Inconfondibili aerei a doppia deriva che spiccavano per prestazioni e armamenti. La missione, che originariamente non aveva il nome in codice di "Vengeance", sebbene lasciasse assaporare la vendetta per l'attacco si Pearl Harbor, venne affidata Maggiore John W. Mitchell. Che pianificò un'operazione incentrata su una squadriglia di P-38 dotati di serbatoi di carburante ausiliari, divisa in una "squadra di eliminazione", di 4 velivoli, più una riserva e una formazione di copertura, per un totale di 18 caccia pesanti.
La mattina del 18 aprile, la formazione di P-38, certa della completa affidabilità delle informazioni ottenute dai crittografi della Marina, volò a pelo d'acqua per oltre due ore, e raggiungere il "punto di intercettazione" prestabilito, proprio al margina occidentale dell'isola Bougainville. La formazione dell'ammiraglio Yamamoto, composta da due bombardieri G4m Betty con al seguito una scorta di 6 caccia Zero, era proprio lì. A 15 minuti dall'ora prevista per l'atterraggio.
Sorpresi dalla vista non di uno ma di due bombardieri "Betty", gli obiettivi principali della missione, agli americani non restò altro che sganciare i serbatoi di carburante ausiliari, salire di quota e compiere la loro corsa d'attacco sugli aerei che invece si "tuffavano" a bassa quota sopra la vegetazione della giungla per raggiungere la loro metà.
Come è noto, i resoconti di ciò che accadde nello scontro aereo divergono. Ma ciò che è certo è che la squadra d'eliminazione, ridotta a soli due P-38 condotti dagli ufficiali piloti Barber e Lanphier, si concentrarono con successo prima sul bombardiere di testa, e poi sul secondo bombardiere Betty. Il primo si schiantò nella giungla, mentre il secondo cadde in mare.
Gli americani reclamarono anche l'abbattimento di un caccia Zero che però non risultò nei registri giapponesi. Rimase invece inspiegata la perdita dell'unico pilota della formazione americana, il pilota R. Hind, probabilmente scomparso in mare con il suo P-38.
Yamamoto è morto
L'abbattimento di entrambi i bombardieri Betty, soprannominati "Zippo volanti" a causa della vulnerabilità dei loro serbatoi di carburante, convinse gli americani che la missione era stata portata a termine con successo.
I giapponesi invece, sorpresi dall'attacco americano, recuperarono prima i superstiti del secondo Betty, e poi, su indicazione dell'alto ufficiale che accompagnava Yamamoto, i resti dello stesso. Secondo i resoconti, il corpo dell'ammiraglio venne trovato "ancora stretto al sedile" del velivolo che però era stato scaraventato fuori dal bombardiere nell'impatto con il suolo. La spada da samurai era "ancora con lui". L'autopsia rivelò che due colpi delle pesanti mitragliatrici Browning con cui erano armati i P-38 lo avevano raggiunto, uno alla mascella e uno alla spalla. Uccidendolo sul colpo.
Dopo gli accertamenti del caso, il recupero dei resti e la cremazione del corpo, le ceneri dell’ammiraglio vennero trasferite in Giappone sotto il più stretto riserbo. Solo 21 maggio 1943, un mese dopo la sua morte, la notizia fu rivelata al popolo giapponese. A Yokosuka gli alti ufficiali della marina giapponese guidati dall'Imperatore salirono a bordo della corazzata Musashi per rendere l'ultimo omaggio alle ceneri dell'eroe, contenute in una piccola scatola bianca assieme a una poesia che si dice essere stata trovata con lui: "Sono morti così tanti, non posso affrontare l'Imperatore... presto mi unirò ai giovani soldati caduti”.
I funerali di stato vennero celebrati a Tokyo in giugno e onorati in tutto il Giappone. Le ceneri furono sepolte nel Cimitero Tama di Tokyo e nella casa dei suoi antenati a Nagaoka.
Una missione di "eliminazione"
Al tempo il "merito dell'abbattimento" divenne immediatamente oggetto di controversia, dal momento che entrambi i piloti della squadra di eliminazione inviata dall'Us Air Force affermavano di aver abbattuto l'aereo di Yamamoto. Il nemico numero uno sul fronte del Pacifico. L'uomo che aveva pianificato l'attacco di Pearl Harbor. Ciò nonostante, l'Aeronautica Militare riconobbe a entrambi il merito dell'abbattimento.
Oggi, questo tipo di operazioni di eliminazione, sono condotte con pianificazione altrettanto minuziose, e con metodi egualmente letali, ma sono molto meno coraggiose, e in generale poco cavalleresche. Di solito l'intelligence acquisisce le informazioni sui movimenti di bersagli di alto valore, come potevano essere i capi delle milizie talebane dell'Afghanistan; e un drone-killer operato dalla Cia si fa trovare nel punto giusto al momento giusto per acquisire il bersaglio, ottenere riscontro, conferma, e per lanciare uno o più missili guidati Hellfire dopo aver ricevuto l'ordine. In genere i piloti di droni killer non reclamano questo genere di vittoria.
Nemmeno i piloti di aerei che impiegano bombe a guida laser Gbu. Tocca poi agli analisti determinare, attraverso immagini catturate dalle telecamere del drone dopo lo strike, se il target high-value è stato "eliminato". Un'altra storia.