Caro Granzotto, comincio a credere che Annamaria Bernardini De Pace, prestigiosa firma del nostro giornale nonché autorevole professionista forense, abbia un nervo scoperto. Sono passato dal sospetto alla convinzione attraverso la recente lettura degli interventi fatti dallavvocato Bernardini De Pace in merito allo stato di salute del rapporto fra i due, almeno finora, prevalenti sessi: rapporto che funziona come un elastico sulla scala dellarmonia in quella continua ricerca del punto dequilibrio che, non appena raggiunto, svanisce in quelleterno moto circolare chè la costante dellUniverso di cui noi umani siamo una presuntuosa componente. Lultima intemerata dellavvocato, prendendo spunto dalla cosiddetta gaffe dellonorevole Stracquadanio che, improvvido temerario, sostiene che nella legittima lotta per conquistarsi il fatidico posto al sole ognuno deve usare quello che ha, intelligenza o bellezza che sia, si avventura in un fantasmagorico balletto, per cuocere limpenitente onorevole con il fuoco dei suoi sillogismi, distrattamente dimentica che Stracquadanio ha utilizzato il verbo «usare» e non «avere» che non sono sinonimi. Io penso che non sia sufficiente avere intelligenza e/o bellezza per raggiungere con successo i propri obbiettivi. Infatti, come lintelligente deve avere anche labilità di saper usare la propria intelligenza, così il bello deve avere lintelligenza per usare la propria bellezza: mi sembra che «avere» sia condizione necessaria, mentre «usare» sia condizione indispensabile, «avere» senza saper «usare» è come la bugia, ha le gambe corte. Lei, caro Granzotto, cosa ne pensa, chi ha lintelligenza di usare la propria bellezza per affermarsi, ha la stessa legittimità di chi si afferma avendo lintelligenza di usare il proprio intelletto, oppure si sta prostituendo?
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Giù la penna da Annamaria Bernardini, caro Mantero, donna e avvocato chio pongo nel novero dei pochi che stimo e ammiro oltre ogni dire. E sappia che quanto costei dice o scrive è sempre giusto, è sempre saggio, è sempre vero. Chiaro? E ora a noi, ma le premetto che tutto questo can-can sollevato dapprima da Angela Napoli, successivamente rinfocolato dalle dichiarazioni di Giorgio Stracquadanio per finire poi in vacca, come susa dire popolarmente, con gli interventi dipietristi e il «che schifezza» della eterna candidata - ma sempre ferma al palo - Angela Finocchiaro, poco mintriga. E poco intrigò anche Annamaria Bernardini, tantè che raccolse la sfida, chiamiamola così ché oggi sono buono, di Stracquadanio «quasi per gioco». Subito mettendo il dito nella piaga rappresentata dall«insulsaggine degli assunti». Non ricordo, però, che abbia confuso lusare con lavere (o viceversa) nel ridicolizzare lassunto stracquadaniesco ovvero che per far carriera uno deve usare quello che ha, bellezza o intelligenza che sia. Che sarebbe come dire che chi è brutta/brutto o cretino/cretina è tagliato fuori. Non cè lo spazio, caro Mantero, ma se ne disponessi le farei un esteso elenco di parlamentari e parlamentaresse in attività di servizio pur essendo a mio sommesso giudizio cretini e cretine e magari anche racchi e racchie.
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