Il rapimento Moro fu un momento difficile per il Giornale, che era sempre stato critico del leader Dc per la sua propensione al compromesso storico. A me toccarono i commenti da Telemontecarlo, allora l’unica tv alternativa alla Rai, da cui ogni giorno mandavamo in onda uno o due editoriali. Montanelli, Bettiza, Cervi, Sterpa ed io ci alternavamo a registrare gli interventi e un autista provvedeva a portare la cassetta a Monaco; ma, in occasione di avvenimenti drammatici, bisognava trasferirsi laggiù per parlare in diretta e il destino volle che, il giorno in cui ritrovarono il corpo di Moro, toccasse a me.
Mi resi subito conto che avrei dovuto pronunciare un giudizio politico su di lui e chiamai Indro per chiedere lumi. Ci fu un momento di silenzio, poi il direttore mi disse: «Anche nella tragedia dobbiamo rimanere coerenti con noi stessi: perciò parlane come da vivo... Nei limiti della decenza». Era ciò che speravo, e alle 13 Tmc trasmise il commento più «scorretto» dei media italiani. Indro mi chiamò per dirmi che ero andato benissimo, ma l’indomani mi accorsi che lui, nel suo fondo, aveva usato toni più sfumati.
Un po’ preoccupato, lo richiamai per chiedere se ci fosse stato un cambiamento di linea. «Stai tranquillo», mi rispose, «i limiti della decenza possono essere diversi a mezzogiorno e alle otto di sera».
Livio Caputo, allora inviato speciale
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