"Sugli immigrati la sinistra sbaglia, senza regole siamo al disastro"

Lo strappo del sindaco di Genova, Marta Vincenzi: "Aprire le porte indifferentemente a tutti è pericoloso. Le posizioni ideologiche hanno prevalso sul buonsenso. Ed ecco i risultati". E il Vaticano si smarca dal vescovo anti-ronde

Al di là di una certa rappresentazione caricaturale che si fa di lei - e che spesso lei stessa va a cercarsi, con alcuni atteggiamenti da professorina dalla penna rossa - il sindaco di Genova Marta Vincenzi in varie occasioni ha dimostrato con i fatti di mettere il buonsenso prima dell’ideologia. Ultimi casi della serie, la mancata partecipazione alla manifestazione del suo partito al Circo Massimo nel momento più acuto della crisi economica o l’ottima ordinanza per il decoro urbano, non a caso contestatissima dalla sinistra radicale, ma sulla quale la prima cittadina di Genova ha tenuto duro. Quindi Marta, Pd molto anomala, è perfetta per commentare il mea culpa di Livia Turco sugli immigrati affidato al Corriere della Sera.
Sindaco Vincenzi, l’ex ministro Livia Turco si è cosparsa il capo di cenere ed ha firmato un autodafè, spiegando che la cultura del «ti accolgo, punto e basta» non è quella giusta nei confronti degli immigrati. Anche lei fa autocritica?
«No, io no».
Cioè non è d’accordo con la Turco?
«Tutt’altro. Condivido le parole di Livia, ma sono quelle che ho sempre portato avanti. Io non ho cambiato idea ora. Sono sempre stata convinta che ragionare con i paraocchi ideologici è il miglior modo per sbagliare e che è sempre stato sbagliato pensare di aprire le porte indifferentemente a tutti solo perché venivano via dai loro Paesi. Occorreva invece chiedersi “come” li accoglievamo. Nei vari ruoli istituzionali che ho ricoperto, ho sempre lavorato con obiettivi diversi: l’integrazione come base per la società multietnica».
Non negherà che il suo schieramento ha quasi sempre affrontato in modo ideologico il problema? Non pensa che il buonismo abbia fallito?
«Vede, penso che sia naturale che sull’accoglienza agli immigrati ci siano differenze valoriali e ideali fra la destra e la sinistra e, se sto a sinistra, è anche per quelle differenze. Ma non ho problemi a dire che, troppo spesso, a sinistra, hanno prevalso posizioni ideologiche. E invece penso che, da noi come a destra, le posizioni ideologiche debbano lasciare lo spazio al buonsenso. Altrimenti lo sa qual è il rischio?».
Vabbè che lei è prof. Ma le domande le dovrei fare io. Qual è il rischio?
«Che l’assenza di strumenti concreti crei situazioni anche peggiori».
Tradotto?
«Le faccio un esempio. Tempo fa, dopo la tragica morte di un barbone per strada, abbiamo girato per la città per incontrarli. La maggior parte sono stranieri e ci hanno raccontato che in Spagna e in Francia si sentono molto più tranquilli, perché le autorità li prendono, li lavano, li ripuliscono e poi danno loro delle regole. Qui, invece, la mancanza assoluta di regole, propugnata anche da una certa sinistra, non porta a nulla».
Ha letto lo studio del sociologo Marzio Barbagli che parla dei reati degli stranieri, soprattutto romeni?
«Non l’ho ancora letto integralmente. Ma credo che, anche sui romeni, sia mancata una politica dell’immigrazione. Sia il governo Prodi che il governo Berlusconi hanno sottovalutato l’ingresso della Romania nell’Unione, mentre sarebbero serviti accordi bilaterali seri. Invece, così, dalla Romania esce di tutto e da noi arriva il peggio del peggio».
Lei, oltre alla diagnosi, ha una cura?
«Mi sembra che, di volta in volta, ci lasciamo andare all’emozione del momento e alle polemiche quotidiane, anziché dotarci di una vera politica dell’immigrazione. Il caso di Lampedusa, primo avamposto degli sbarchi, grida vendetta».


Se lei fosse il leader del Pd come risolverebbe il problema?
«Penso sia necessario mettersi insieme, destra e sinistra, senza lasciarsi guidare dall’ideologia e - studiando con attenzione numeri e problemi dell’immigrazione - fare un dibattito serio in Parlamento per scrivere leggi corrette che aprano a una società multietnica, con una seria politica dell’integrazione. Ribadisco, e lo dico alla destra, ma anche alla mia sinistra: su questo tema ragionare sull’ideologia, anziché sui fatti, come abbiamo fatto spesso, è disastroso».

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