da Torino
Ne hanno fatto unicona gay, il simbolo di una minoranza, quella omosessuale, tormentata dalle offese e soffocata dallintolleranza. Matteo, però, non era gay. Si era lanciato nel vuoto dal quarto piano della propria abitazione dopo aver lasciato un biglietto di scuse indirizzato alla famiglia e agli amici. La madre denunciò che «a scuola lo chiamavano Jonathan, come Jonathan del Grande Fratello». Una frase sufficiente a trasformarlo in un ragazzino omosessuale vittima del bullismo scolastico. Ma non era così. La Procura di Torino ha chiuso il fascicolo dindagine, chiesto larchiviazione dellinchiesta e sottolineato con forza che Matteo non era stato spinto al suicidio.
Una richiesta darchiviazione, quella depositata ieri mattina dai magistrati torinesi, che arriva a quasi sei mesi di distanza dalla morte del sedicenne italo-filippino. Era il 3 aprile scorso quando Matteo Maritano scavalcò la ringhiera del balcone di casa e si lasciò cadere nel vuoto. Sin dallinizio, come hanno spiegato ieri il procuratore capo di Torino Marcello Maddalena e il suo sostituto Paolo Borgna, non era assolutamente emerso alcun particolare che potesse far pensare a una presunta omosessualità dello studente. Eppure, lindagine è andata avanti, è proseguita per mesi. Perché, spiegano ora i due magistrati, «nei giorni successivi allepisodio su numerosi quotidiani e settimanali erano apparsi articoli ed interviste in cui si ipotizzava che Matteo fosse stato spinto al suicidio da un clima ostile che si sarebbe creato nellambiente scolastico a causa della sua omosessualità». «Le immagini memorizzate sul suo cellulare, spiegano i due magistrati a pagina 5 della richiesta darchiviazione della Procura - confermano chiaramente una univoca attenzione per laltro sesso». E anche la madre del ragazzo, la filippina Precila Moreno, ha negato questa eventualità. «Mi figlio ha spiegato la donna non mi ha mai confidato che gli amici lo chiamassero gay».
Insomma, Matteo, molto più semplicemente era un ragazzo più sensibile rispetto ad altri della sua età. Era un adolescente «sempre allegro, sorridente, sereno, di natura gentile, apparentemente ben inserito nellambiente scolastico, con ottimi risultati in tutte le materie». Un ragazzo che «mai aveva fatto cogliere a docenti, psicologi e compagni di scuola possibili indizi del proprio disagio esistenziale». Nessuna responsabilità, quindi, va attribuita alla scuola, nessuna colpa ha la famiglia per quanto accaduto. Sono state numerosissime le deposizioni raccolte dalla magistratura, la più importante è forse quella di uno studente omosessuale dellistituto tecnico commerciale Sommeiller, lo stesso frequentato da Matteo: «Sono gay, lo sanno tutti ha confidato il ragazzo -, ma non ho mai avuto prese in giro e non cè mai stata una caccia al gay in questa scuola.
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