Sul fascicolo del fabbricato il Campidoglio non si arrende

Sono state presentate ieri dal Comune le ragioni del ricorso al Consiglio di Stato a favore del fascicolo del fabbricato; «la carta d’identità» per le abitazioni, che è stata istituita in seguito al crollo dell’edificio di Vigna Jacobini dove persero la vita 27 persone. Il fascicolo comprende una serie di documenti che consentono di inquadrare la natura del sottosuolo e dell’immobile nel suo complesso e nelle singole parti. In questo modo è più semplice individuare i requisiti di sicurezza e gli elementi critici che possono creare eventuali crolli. All’incontro sono intervenuti il comandante dei vigili del fuoco Guido Parisi, gli assessori ai Lavori Pubblici del Comune, Giancarlo D’Alessandro, e della Regione, Bruno Astorre, e i rappresentanti delle proprietà degli ordini e dei collegi professionali e dell’associazione amministratori di condominio.
Gran parte dei palazzi della città sono vecchi; ci sono quasi 200mila immobili, molti dei quali hanno un’età che va dai 50 ai 100 anni. «Ogni anno i vigili - ha detto Parisi - ricevono circa 500 chiamate di intervento e di queste più della metà riscontra problemi, segno che il tema c'è, va affrontato e il libretto della casa è la soluzione». A conferma di ciò, secondo quanto spiega Massimo Anderson - vice presidente dell’Associazione romana proprietà edilizia (Arpe-Federproprietà) - «in alcuni punti il fascicolo del fabbricato corrisponde alla necessità di avere uno strumento che garantisca, da una parte, l’incolumità pubblica, ovvero la sicurezza degli abitanti, dall’altra la qualità dell’abitare». Ma il motivo principale per il quale la Arpe ritiene utile l’adozione di questa sorta di carta d’identità degli edifici, è soprattutto la parte che «stabilisce una sorta di periodicità, una sistematicità dei controlli sugli impianti». Questo significa che i rischi maggiori, in base alla tipologia di interventi che fanno i vigili del fuoco, «provengono dagli impianti elettrici, dalle caldaie e da tutti quegli impianti non a norma». D’Alessandro ha spiegato che la sentenza del Tar del Lazio è contraria alla filosofia dell’amministrazione comunale e per questo «abbiamo deciso di ricorrere». Il provvedimento che ha annullato la delibera si basa su assunti che non corrispondono all’intendimento del Comune: «Esiste un’ampia normativa che legittima la nostra iniziativa». Secondo poi, «al contrario di quanto motivato dalla sentenza - aggiunge D'Alessandro - non è il Campidoglio che chiede il libretto della casa per avere la documentazione tecnica, ma è il comune che fornisce ai tecnici incaricati di redigere il fascicolo, i progetti e gli atti utili a completare la documentazione. Il tecnico poi consegnerà la documentazione non all’amministrazione bensì ai proprietari; perché sono loro che li devono custodire». Sembrerebbe che i romani abbiano capito l’importanza del provvedimento e continuano a presentare il libretto. Fra il 2005 e il 2006, infatti, sono state presentate molte documentazioni e, ad oggi, sono più di 11.550 i libretti che il Comune ha validato. Per rendere più semplice ed economica la compilazione del fascicolo sono stati siglati dei protocolli di intesa sottoscritti con gli ordini professionali, le associazioni della proprietà e degli amministratori dei condomini in modo che si prevedano tariffe contenute.


Intanto è già pronta una lettera - conferma Astorre - indirizzata ai presidenti delle Camere, ai capigruppo e ai ministri delle Infrastrutture, «per colmare il vuoto normativo attuale e dar vita a una normativa nazionale che possa aiutare gli enti locali».

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